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3. Vent’anni dopo

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Questa voce fa parte [part not set] di 4 nella serie Storia di un quadro

Facciamo infatti un salto in avanti e arriviamo nel 1943, subito dopo lo sbarco degli americani in Calabria, che avviene la notte tra il 2 e il 3 settembre di quell’anno. Qualche giorno dopo gli Alleati sono già a Delianuova, e subito l’AMGOT inizia a prendere contatti con le autorità locali, carabinieri soprattutto, per capire in poche parole chi sono gli imboscati. Una delle prime iniziative prese dagli Alleati, per non saper leggere e scrivere, fu quella di rinchiudere Domenico Rossi in un campo di prigionia, liberandolo qualche mese dopo. Inoltre, si scatenarono tutta una serie di esposti e lettere anonime indirizzate all’Arma e all’AMGOT in cui si fornivano testimonianze più o meno veritiere sulla condotta dei potenziali candidati all’amministrazione del Paese. Alla fine la scelta cadrà su Ferdinando Rossi. Quest’ultimo all’epoca aveva 47 anni, era un possidente terriero ammogliato, con una laurea in giurisprudenza mancata per un solo anno e, a quanto pare, aveva già un passato da militante nei partiti democratici, o almeno così risulta dai documenti. Ferdinando viene eletto Commissario prefettizio del Paese il 7 novembre del 1943. Il 9 novembre del 1943 parte una velina indirizzata al Capitano O’Brien del Distretto militare di Palmi in cui si scrive, testualmente:

Pregiomi comunicare di aver sostituito il podestà di Delianuova, sig. Tornatora Rocco, col sig. Rossi Ferdinando fu Pasquale del luogo.

Purtroppo la firma è illeggibile ma non ha tanta importanza capire chi ha scritto ciò quanto la data, che è conseguente a quella del 7 novembre, giorno della nomina. In realtà Tornatora si dimise in tempi non sospetti, già a giugno del 1943, prima della notte del Gran Consiglio, e probabilmente lo fece per questioni di salute e non per calcolo politico.

Negli ultimi mesi del 1943, quindi subito a ridosso dell’elezione di Rossi a Commissario prefettizio, si scatena una curiosa ritorsione nei confronti di Caminiti a opera del Maresciallo dell’Arma della sezione di Palmi, di nome Antonio Congia. Parlerei di ritorsione poiché vi sono elementi che fanno pensare a una chiara visione pregiudiziale dell’operato di Caminiti, tutta tesa a screditare lui e altri personaggi gravitanti intorno alla Camera del lavoro: in questa lettera infatti, indirizzata alla Prefettura, alla Questura e a due comandi dei carabinieri, si denunciano le presunte malefatte di Caminiti e di altri tre suoi sodali. Secondo Congia, queste quattro persone avevano sparso la voce che la farina destinata alla popolazione veniva venduta a prezzo maggiorato e la “cresta” veniva divisa tra gli amministratori del comune. A quanto pare, i quattro si erano fatti promotori di una raccolta di firme per protestare contro tale presunto reato e a questa petizione avevano aderito elementi pericolosi di Delianuova e di altri paesi. Singolare la storia di un altro dei quattro, reputato un professionista del furto di identità:

(…) è in possesso di diverse fotografie dissimili tra di loro, perché nei suoi travestimenti fa uso di parrucca. Egli si vanta di far parte dell’Intelligence Service e di essergli stati affidati dei compiti da parte delle autorità di occupazione.

A quanto pare, un altro dei tre fu trovato insieme a Giuseppe Spadaro (forse lo stesso che nell’agosto del 1943 fu preso, legato al cancello del cimitero, ferito con un colpo di moschetto alla gamba dai tedeschi e poi portato nel loro campo per dodici ore come punizione per avere protestato dopo averne sorpreso due di loro nel suo orto a rubare del cibo; o forse un omonimo) perché raccoglieva firme per il partito comunista e per organizzare una protesta contro gli amministratori comunali. A quanto pare raccolsero 120 firme, cosa che testimonia che un minimo di consenso lo stavano ottenendo e che la loro richiesta non era poi così criminale. Entrambi furono fermati e portati al carcere di Sinopoli. Quanto a Caminiti, viene definito dal Maresciallo Congia come:

ex fallito ed ex confinato politico. È stato in America per cui parla e scrive, ma stentamente, la lingua inglese. A suo carico risultano soltanto lievi pregiudizi penali.

Segno questo del fatto che gli episodi del 1923 furono subito rimossi o, appunto, “’ncartati”.

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