
Alla manifestazione per il clima di Messina anche la presenza dei rappresentanti dell’associazione FreeWeed, ne abbiamo sentito parlare soprattutto durante la richiesta di referendum per la legalizzazione della cannabis e delle droghe, sostenuta tra gli altri dall’Associazione Luca Coscioni e da Marco Cappato. Abbiamo avuto l’opportunità di parare con Roberto Laganà, che ha risposto alla nostra intervista.
Perché è importante per voi essere oggi presenti a questa manifestazione?
Per noi è fondamentale per un motivo molto semplice, la cannabis ormai da migliaia di studi scientifici è stata riconosciuta come una fantastica alternativa a tutte quelle che sono le attuali fonti primarie utilizzate. Tra le industrie che impattano sul clima, quella del cotone per il tessile, o quella della carta d’albero, sono le principali fonti di inquinamento che potremmo limitare; infatti, il cotone necessita di enormi quantità d’acqua e pesticidi; con gli alberi per fare carta, a furia di disboscare abbiamo pure eliminato i polmoni verdi della terra. La cannabis da questo punto di vista, invece, ha tanti vantaggi; infatti, dal punto di vista dell’industria cartaria da un ettaro di cannabis potremmo fare quanto quattro ettari di alberi, senza l’utilizzo di pesticidi e con l’impiego di solo 1/3 di acqua per la sua coltivazione rispetto a quella del cotone. Ma è anche una preziosa alleata contro i combustibili fossili: penso al petrolio, che è la principale fonte per la realizzazione di plastica, mentre già dal 1941 Harrison Ford aveva realizzato la prima macchina utilizzando plastica di canapa e bioetanolo, questa pianta è un’alternativa sicuramente ecosostenibile, potrebbe portarci tantissimi benefici.
La vostra, pertanto, non è una battaglia per l’utilizzo della cannabis solo dal punto di vista curativo o ricreativo, ma è anche un’idea a favore della transizione ecologica, cioè dell’introduzione di nuovi modi di produrre cose e materiali, che possano essere ecocompatibili.
Detto ciò, il vostro percorso, non è iniziato ieri, anzi da diverso tempo, anche durante la pandemia ci sono state diverse attività organizzate in favore di alcuni di DL per del raggiungimento degli obiettivi che voi vi prefissate, tra qualche giorno italiani andranno dentro le urne a scegliere chi rappresenterà, cosa chiedete ai candidati? E cosa auspicate metta in campo, in favore dell’ecologia e della transizione ecologica, ma anche della liberalizzazione, il nuovo governo?
Allora intanto è una domanda abbastanza tosta e complicata, di base posso dire questo, nella scorsa legislatura abbiamo avuto la fortuna di poter lavorare con due parlamentari, rispettivamente Michele Sodano alla Camera, dei deputati a 5 Stelle, poi espulso, e con Matteo Mantaro, anche lui ex 5 Stelle poi espulso, entrambi il primo alla camera il secondo al Senato, ci hanno dato una mano d’aiuto depositando quella che è la proposta di legge che noi spingiamo, che è una proposta di legge che non abbiamo scritto noi da un giorno all’altro, è una proposta di legge che è stata scritta letteralmente dal popolo. Infatti, abbiamo chiesto il coinvolgimento di tutti: dai consumatori ai produttori, dai rivenditori a chi aveva un’idea di aprire un’azienda che voleva investire in questo settore, raccogliendo tutte queste idee abbiamo messo su una proposta di legge, che è la proposta di legge più complicata che sia mai stata depositata in Italia. Quindi quello che noi chiediamo alla classe politica che verrà dopo queste elezioni, è di prendersi carico di questa proposta, perché negli anni sono state depositate tante proposte di legge sul tema. Si è puntato spesso e volentieri a chiedere il minimo sindacabile per non rischiare di dividere troppo, noi invece chiediamo che venga fatta una richiesta forte su questa proposta di legge, quello è il manifesto collettivo che i parlamentari si troveranno in Parlamento dopo queste elezioni, si mettano in gioco per depositarla prima e poi per portarla in discussione a Camera e Senato, perché l’Italia ha bisogno di un cambiamento e non possiamo aspettare che tutto il mondo faccia il cambiamento prima di arrivare a cambiare pure noi, ma dobbiamo essere in anticipo sul percorso e siamo già in ritardo.
Gruppi come i vostri rappresentano quel tipo di politica extraparlamentare, su istanze che magari chi siede in Parlamento non porta dalla strada dentro i palazzi istituzionali, nel dibattito politico spesso sentiamo parlare di crisi di rappresentanza e di crisi istituzionale, voi stessi per primi vi siete confrontati con gli strumenti di democrazia partecipata ad oggi esistenti. Ritenete che questi strumenti siano utili? Siano stati efficaci? Vanno migliorati? Oppure è meglio che le organizzazioni facciano loro parte dal basso e la politica faccia la politica?
Possono esserci soluzioni alla crisi di rappresentanza eccome, ma nel nostro percorso noi abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di trovare poche persone e all’interno del Parlamento con cui poter lavorare, perché spesso e volentieri purtroppo le realtà associative come la nostra, specialmente se trattano un tema come questo, che visto ancora come un tabù, incontrano moltissime difficoltà. Da questo punto di vista quindi credo che la soluzione migliore sarebbe proprio dare più spazio a queste associazioni, che vivono il tema direttamente, parlano con chi subisce determinate leggi, quindi sanno effettivamente di cosa si va a parlare, questo non solo per la cannabis. Per qualunque argomento la politica non dovrebbe prescindere dal dare spazio, a quei cittadini che in prima persona vivono quella determinata situazione, su cui vogliono migliorare su cui vogliono un nuovo futuro.