
Dai racconti di Lucia Scopelliti scopriamo come Zafferia un tempo Zafaria era una vallata rigogliosa, con il privilegio di poter celebrare l’anno santo quando ricorre contemporaneamente sia la festa fissa dell’Annunziata (25 marzo) sia quella mobile del Santo Sabato, secondo una tesi risalirebbe al 25 marzo del 1475. L’ultimo ha avuto celebrazione nel 1989 mentre il prossimo avverrà nel 2062.
Percorrendo la S.S. 114 e seguendo la segnaletica per Zafferia, la strada conduce al centro del villaggio. Uno spettacolo magnifico si presenta agli occhi di chi da sempre conosce i luoghi, e ne rinnova l’emozione; ma neanche al primo visitatore, può sfuggire il quadro di queste colline dei Peloritani, ai piedi di Dinnammare che sovrasta lo Stretto di Messina. La valle è splendida con tutte le sue sfumature di verde, e in ottobre sfoggia l’abito con i colori più belli: gialli e verdi in tutte le tonalità. Appena 500 metri e s’intravede il campanile della chiesa, il cuore di chi, per lavoro, torna saltuariamente ha un balzo e gli occhi brillano d’emozione. Adesso le nuove costruzioni lo nascondono un pò, ma il paesaggio è ugualmente dolce e sereno. Non ci sono più i lussureggianti giardini di agrumi che in primavera inondavano di profumo di zagara tutta l’aria; ora al loro posto ci sono file di villette a schiera e colonne di condomini e in sostituzione della zagara, cassonetti maleodoranti. Lungo la strada non ci sono più i cipressi e nemmeno le acacie ma cumuli di sterpaglie che gli operatori ecologici ammucchiano e il vento sparpaglia. Vi presento Zaffaria: Forse “Zaffaria” nasce dalla volontà del vescovo Nicola che, giunto in questo litorale, vedendo i luoghi favorevoli per la coltivazione e la pastorizia, stimolò i suoi seguaci a fermarsi e popolarli. Forse il vescovo Nicola non c’entra nulla, e a popolare queste colline furono uomini poveri ma desiderosi di mettere radici. Fatto è che sorse “Zaffaria”. La radice etimologica del nome si può spiegare in due modi diversi. Dall’arabo “zafaran”, che significa zafferano, ci0 fa dedurre che in questi luoghi nascesse, spontaneamente o si coltivasse lo zafferano. Un altro termine arabo “za’ fa” tradotto significa roccia, sarebbe anche questo non escludere poiché non abbiamo nulla che descriva realmente i luoghi. Per rendere più affascinante la ricerca e volendo aggiungere al termine arabo, un termine spagnolo (ci sono stati anche loro) “ria”, traduzione plurale di fiumi, otteniamo il nome completo di “za’ fa ria”, traduzione: “Roccia tra i fiumi”. Fa pensare a una terra rigogliosa, prosperosa, ambita, e forse lo è stata considerando le famiglie importanti che si sono succedute. Da quando questa zona fu popolata, deve aver conosciuto momenti di ricchezza legati comunque alla terra. La coltivazione dei gelsi permetteva la produzione della seta, anche questo documentato.