Storia

5 maggio 1974: una tranquilla domenica di Gioia

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È il maggio del 1974; l’Italia rivoluzionaria e contestatrice si ritrova in piena strategia della tensione. È l’anno dell’attentato di Piazza della Loggia e della lotta tra i rossi e i neri; l’anno del referendum sul divorzio e dei tentativi di Golpe falliti. Ma è anche l’anno delle sorprese, soprattutto in ambito calcistico, visto che in Serie A è la Lazio di Tommaso Maestrelli (ex allenatore della Reggina) e del fuoriclasse Giorgio Chinaglia a interrompere lo strapotere nordico e a portare il tricolore nella capitale. I jukeboxe del Belpaese suonano il capolavoro di Drupi “Così piccola e fragile” mentre i Rolling Stones raccontano ai più giovani la fine di un amore con “Angie”. Dalle nostre parti però, è sempre il calcio a monopolizzare l’attenzione e nel campionato d’Interregionale (la Quarta Serie nazionale) Gioiese e Messina lottano alla pari per la conquista del campionato. La squadra viola di mister Franco Scoglio ed i blasonati giallorossi allenati da Giusto Lodi sono due macchine da guerra. Quarantatre punti i peloritani, quarantuno i pianigiani, quattro giornate al termine del campionato e solo un posto disponibile per la Serie C.

Nella partita d’andata i metaurini misero a segno una vera e propria impresa che sarebbe rimasta negli annali del calcio pianigiano. Un gol di Spanò e le parate miracolose del “Giaguaro” Giacobbe che disputò l’intero incontro col setto nasale fratturato, consentirono di espugnare il “Celeste” di Messina, nonostante la doppia inferiorità numerica. La capolista, quindi, per la partita di ritorno medita una sonora vendetta, forte del vantaggio psicologico, maturato grazie al primato in classifica. Ma la squadra del cav. Gulletta non ha calcolato che si sarebbe trovata sulla propria strada la pestifera Gioiese, allenata da un figlio della provincia messinese (quel Franco Scoglio da Lipari che in futuro avrebbe lasciato il segno anche in riva allo Stretto). Mister Lodi, comunque dispone di un super organico, nel quale spiccano atleti del calibro di Nastasi, bomber Frisenda, il regista Bonaretti e poi De Maria, Lo Bosco, Rossi, Tripepi e Gagliardi: una vera e propria corazzata, costruita per vincere, anzi per stravincere il campionato, la cui punta di diamante porta il nome di Lando Bertagna. Il centravanti veneto giunge a Messina dal Bologna, appena 19enne, portando sul groppone la fama di goleador, dopo aver trascinato la squadra rossoblù a suon di reti verso il titolo di campione d’Italia Berretti. In terra di trinacria, le aspettative vengono ben presto ripagate, tanto da spingere i tifosi peloritani a coniare un motto personalizzato per il nuovo idolo: “Dio perdona, Bertagna no”. Con questa premessa cova come il fuoco sotto la cenere il pathos che precede il grande giorno.

Nei bar e negli ambienti sportivi delle due città, l’argomento monopolizza qualsiasi discorso. Davide contro Golia, riuscirà la piccola Gioiese a sovrastare il grande e ricco Messina ed aprire definitivamente il campionato? La domenica della grande sfida inizia con una sorpresa per i tifosi di casa che, all’arrivo dei numerosissimi tifosi siciliani giunti col treno, assistono a una dimostrazione goliardica. I colorati sostenitori giallorossi, infatti, inondano la strada che conduce dalla stazione ferroviaria fino al campo sportivo di volantini di carta che recitano il mantra siculo “Dio perdona, Bertagna no”, caricando di maggior significato un match già esplosivo. I volantini, naturalmente, finiranno anche nelle mani dei giocatori della Gioiese che li useranno per darsi ancora maggior carica. La “Gazzetta del Sud” del 5 maggio 1974 dedica una pagina intera a un match che ha consentito ai giornalisti di versare fiumi d’inchiostro per settimane intere. Uno degli articoli di pagina 10, titola: “Non portate i bambini al campo”. I dirigenti viola infatti, temendo il superaffollamento del già vecchiotto campo comunale, per voce del dirigente Carmelo Pratticò, invitano i tifosi di Gioia Tauro a limitare la loro affluenza, visto che sono già attesi oltre un migliaio di supporters messinesi. I pomeriggi di maggio sanno essere caldi come non mai, specialmente se oltre cinquemila persone si ritrovano in un catino ricoperto di terra battuta e polvere.

Le previsioni non erano errate, una fiumana di sportivi provenienti da tutta la piana, ma anche da Reggio e dalla locride, riempie gli spalti del “C. Giordano”, tirato a lucido per l’occasione, straripante di passione e di calore. Da Messina giungono mille tifosi, sistemati in un settore dedicato dal perfetto servizio d’ordine diretto dal vice questore Giorgianni. Al calcio d’inizio fischiato dal signor Meneghetti di Verona, la Gioiese imbriglia la capolista, seguendo le direttive di quel diavolaccio di Franco Scoglio, uno stratega avanguardista che a Gioia Tauro ha già sperimentato le sue famose palle inattive ben prima che queste divenissero famose alla ribalta del calcio nazionale. Dopo un primo tempo di sostanziale equilibrio, nella ripresa è capitan Marino il primo ad aprire le danze sparando la sfera nel sacco. Il giubilo dei gioiesi però dura pochissimo, perché Bertagna pareggia i conti dal dischetto, grazie ad un rigore generoso assegnato dall’arbitro. Proprio il direttore di gara assurge a protagonista inatteso della sfida: prima annulla un gol al messinese De Maria e poi assegna due penalty alla Gioiese, molto contestati dagli ospiti e trasformati da Campagna e Furlanis (anch’egli non perdona come Bertagna) che sanciscono la vittoria viola ed il conseguente aggancio in classifica. Una vittoria che naturalmente scatena le furie messinesi, con i dirigenti che preannunciano reclami sentendosi defraudati per le cervellotiche decisioni della giacchetta nera. Il verdetto, però, non cambierà più e il piccolo “Davide” Gioiese riuscirà (seppur con un piccolo aiutino del sig. Meneghetti) a sconfiggere il “Golia” Messina, riaprire il campionato e far sognare non solo Gioia Tauro, ma tutta la Piana. Dopo poche settimane il sogno purtroppo svanirà, e i giallorossi vinceranno lo stesso il torneo approdando in Serie C. Ma questa è un’altra storia.

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