
È conservata nel Museo delle Antichità di Monaco di Baviera una delle più belle e seducenti tavolette votive prodotte nei laboratori artigianali del maestri figulini medmei. La scena rappresentata nel pìnax, datato 470 a. C., di cui si è conservata la parte superiore, ha per protagonisti due divinità, tra le maggiori del pantheon magnogreco: Hermes e Afrodite. Il primo è riconoscibile dal pètaso che porta in testa e dal caducèo, la verga con due serpenti simmetricamente attorcigliati alla sommità, simbolo di prosperità. La seconda, la Dea dell’amore, ha per attributi un bocciolo che protende con la mano destra verso il dio protettore dei viandanti, venerato anche come traghettatore delle anime nell’aldilà. La Dea della bellezza sostiene sul braccio il piccolo Eros alato, che porta con sé la lira, realizzata con una cassa di risonanza ricavata da un carapace di tartaruga. Al centro della scena, in basso, un bruciaprofumi in terracotta, usato durante le cerimonie religiose per bruciare l’incenso, il cui fumo inebriante favoriva il legame mistico dei devoti alla divinità oggetto del culto.
Per Roberta Schenal Pileggi (una delle massime esperte al mondo di questo tipo di reperti), nella tavoletta votiva di Medma, Afrodite simboleggia l’amore inteso come sessualità, diversamente da Persefone, rappresentante dell’amore coniugale “istituzionale”, così come viene raffigurata nelle migliaia di pinakes rinvenuti a Locri Epizefiri e, in misura quantitativamente minore, nella sub colonia di Medma. Nella tavoletta votiva conservata a Monaco “ogni particolare iconografico si riempie, dunque, di fascinosa simbologia e quel bocciolo rigonfio ci sembra racchiudere tutta la forza primigenia pronta a implodere grazie alla musica ammaliante e seduttiva di Eros. Ed ecco che nel cuore della Baviera inaspettatamente, grazie al “nostro” pinax diventa possibile almeno per un momento immaginare colori e profumi dell’assolato paradiso mediterraneo, con il suo glorioso passato di dei, devoti ed artisti-artigiani capaci di trasmetterci – conclude la Schenal Pileggi – il patrimonio culturale religioso magnogreco con raffinate e al contempo palpitanti immagini”.
Il pìnax medmeo venne acquistato nel 1865 dal Museo bavarese, immesso nel mercato antiquario da trafficanti senza scrupoli che l’avrebbero comprato dall’allora Vescovo di Mileto, monsignor Mincione, nella seconda metà dell’Ottocento. Quest’ultimo era considerato un “saccheggiatore seriale” di migliaia di reperti rinvenuti nelle campagne rosarnesi durante i lavori di scasso dei terreni per impiantare la vite e l’ulivo sul magnifico terrazzo di Pian delle Vigne, con la lucrosa complicità dei signorotti locali. In quelle stesse contrade, nei primi decenni del Novecento, il grande archeologo trentino Paolo Orsi avrebbe portato a conclusione le celebri campagne di scavi che portarono alla luce le due fosse sacre ricolme di migliaia di ex voto di VI – IV sec. a. C., dono dei fedeli medmei alle loro maggiori divinità, soprattutto Persefone, Demetra, Afrodite ed Athena.