Società

Del tempo sospeso, del tempo perduto e del tempo che verrà

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In questo periodo storico segnato dalla pandemia, si parla spesso di “tempo sospeso” per evidenziare metaforicamente che il nostro normale agire quotidiano è per il momento interrotto, congelato, dalla grave sciagura che si è abbattuta sull’uomo del XXI secolo; che la vita di ognuno è stata messa lì, tra due parentesi: la prima che segna l’inizio e l’altra che dovrebbe prima o poi sancire la fine del “limbo” in cui siamo costretti ormai da un anno; che vi è un monoscopio che indica la ripresa delle trasmissioni, “il più presto possibile”. In realtà, è dura ammetterlo, il tempo non si può “sospendere” ma “tutto scorre” inesorabilmente e l’acqua del fiume non è mai la stessa: “Panta rei”, diceva il filosofo greco Eraclito, perciò, il tempo che non si è speso, purtroppo, è irrimediabilmente perduto. È per questo che non deve sembrare azzardato intraprendere oggi nuove ambiziose iniziative, che esulano dall’emergenza sanitaria in atto e guardano al di là del segno che è stato forzatamente tracciato; alle quali non bisogna sottrarsi perché occorre farsi trovare pronti quando il tempo “sospeso” riprenderà il suo frenetico “ticchettio” spezzando il triste incantesimo. Da cosa ripartire, dunque, al risveglio da questo grande incubo, se non dal lavoro, dall’arte, dalla cultura per riacquistare fiducia nelle nostre forze e rimettersi in discussione, come fosse un nuovo “Rinascimento”? Per costruire un “dopo”, però, occorre riflettere su ciò che è stato “prima” di questo tempo pandemico in grado di sgretolare così velocemente la cosiddetta “società moderna”. Il virus ha messo definitivamente a nudo la fragilità e i limiti dell’attuale modello di sviluppo, basato sull’iper connessione globale e sullo sfruttamento delle grandi metropoli, al di fuori delle quali impera il degrado, specie in quelle periferie, un tempo realtà fiorenti e campagne coltivate, che furono un’importante via di salvezza nella peste del ‘300, così come ci racconta Boccaccio. L’esperienza traumatica che stiamo vivendo ci ha dimostrato con i fatti che le città non sono poi così sicure e che sarebbe opportuno mettere in pratica processi di trasformazione alternativi e innovativi rispetto ai modelli fallimentari degli ultimi decenni. Che nuove forme di aggregazione solidali e sostenibili sono possibili grazie soprattutto alla tecnologia internet; che con lo “smart working” si può anche lavorare al Sud, a due passi dal mare, continuando a ricevere lo stipendio dai nevralgici grattacieli. Che un ritorno alla terra e alla natura è come ritrovare sé stessi. La categoria che, più di ogni altra, è stata travolta dal Covid è quella dei giovani, ai quali è stato rubato del tempo prezioso: lasciati naufragare nel mare in tempesta, sacrificati sull’altare di logiche perverse, affatto considerati, adesso spetta a loro di diritto indicare la strada da seguire. Quelli pronti a tornare, dopo la lunga esperienza fatta fuori, per contribuire al riscatto di una terra per troppo tempo abbandonata, sono tanti: durante la pandemia, anche perché non vi era alternativa, ben 45mila lavoratori fra i 25 e i 40 anni hanno fatto rientro al Meridione. A loro bisogna dare un motivo e, quindi, un’opportunità per rimanere fornendogli gli strumenti necessari per innescare e far finalmente esplodere quelle potenzialità da troppo tempo inespresse; per ridare nuova luce ai borghi perduti, per non far morire soli e pieni di rimorsi i nostri vecchi; per essere loro stessi, i giovani, non un giorno ma da subito, nuova classe dirigente. Se non ora, quando? Consapevoli che è arrivato il tempo di superare davvero gli steccati precostituiti tra destra, sinistra e centro, guelfi e ghibellini, clericali e anticlericali, e di trattenere ciò che è buono e respingere ciò che è male, imparando a discernere. È tempo di dirigersi verso il futuro attingendo dal tempo passato, così come l’Umanesimo sorse d’impeto dalle humane litterae, dalla riscoperta di quella cultura classica che un’epoca oscura e barbara aveva dimenticato. La nascita di un giornale è sempre un evento positivo; personalmente ho imparato che i beni materiali sono effimeri e che solo con la cultura e la vera sapienza ci si eleva e ci si sente davvero appagati. Una considerazione che non tutti sanno cogliere in un mondo basato sul consumismo sfrenato: intorno alle nostre comunità, un tempo centro della “Magna Grecia”, purtroppo, si percepisce sempre più nettamente un enorme vuoto socio-culturale, assolutamente da riempire prima che il tempo sia tardo, intorno a una comunità sfilacciata e smarrita e, perciò, bisognosa di punti di riferimento in un momento storico in cui “mala tempora currunt” e tutto sembra essere in discussione. Da qui, l’idea di realizzare un modesto mensile, maturata gradualmente ma, fino ad oggi, mai concretizzata, probabilmente per pigrizia e, in special modo, per i tanti impegni che la mia professione di giornalista “di strada” mi riserva quotidianamente, al fine di coinvolgere e rendere edotta la cittadinanza delle tante iniziative, anche di diverse e brillanti realtà associative locali, che dia spazio in forma esclusiva a tutte le cose belle e degne di nota che pur accadono in un territorio afflitto da troppe problematiche. Riflessioni e informazioni che, a volte, sono purtroppo trascurate da molte testate, sia cartacee che online, fedeli a una linea editoriale che predilige molto la cronaca o la politica. Inoltre, chi ha l’onere e l’onore di svolgere il mestiere di giornalista, spesso, non si rende conto del grande privilegio di poter raccontare agli altri la vita, gli accadimenti, le storie di una comunità: sembra una cosa normale, scontata, ma non lo è, perciò capita che non si riesca a percepire quanto sia importante essere ascoltati per gli altri, per chi a questo mondo non appartiene, almeno ufficialmente. Allora, è per dar voce anche a chi non ha questa opportunità che abbiamo pensato a questo piccolo strumento, che sia da contenitore nella disponibilità di quanti hanno qualcosa di interessante da dire, idee da proporre, fatti da segnalare. Soprattutto, mi auguro possa esserlo per i giovani, oggi soggiogati da una comunicazione “usa e getta”, perché no, proprio tornando anche all’anacronistico cartaceo, affinché si abbia tutto il tempo necessario di elaborare, riflettere, interagire, metabolizzare le informazioni da condividere. Per loro servirebbero questo e tantissimi altri strumenti da utilizzare al bisogno. L’idea, dunque, è quella di ospitare i loro scritti affiancandoli nella pubblicazione a quelli di firme ormai conosciute nel panorama giornalistico locale e nazionale. Il mensile, per scelta ampiamente discussa e cristallizzata, sarà totalmente estraneo alle dinamiche, più che politiche, “partitiche” del territorio e non riserverà spazio ad articoli di cronaca o a polemiche di sorta ma vuol essere un recipiente di temi che ruotano intorno al mondo della cultura, dell’arte, della storia, della religione elaborati da intellettuali, autorevoli studiosi, persone di un certo spessore umano, o, con eguale considerazione, da semplici cittadini, giovani, professionisti, lavoratori, famiglie, dal mondo della scuola e delle associazioni che, attraverso i loro contributi, possano insegnare ai lettori a “volare più in alto” di quanto siano stati abituati finora. In questa prospettiva, vorremmo dare al giornale un taglio educativo, soprattutto per le nuove generazioni. Il periodico, in attesa di registrazione al Tribunale di Messina, si chiama “Al di là dello Stretto”, perché si occupa (di) ed è distribuito nelle due province di Reggio e Messina che costituiscono l’area dello Stretto, e, nelle intenzioni, mira ad essere strumento di unione per due comunità “cugine”, accomunate da tradizioni, caratteristiche, potenzialità, criticità e obiettivi molto molto simili. “Al di là dello Stretto” uscirà in due versioni: quella cartacea, per non perdere le “buone abitudini” di un tempo, e quella maggiormente fruibile su internet, con un sito dedicato. Buona lettura dunque, con l’augurio che possano nascere tantissime altre iniziative simili o migliori di questa che oggi vi proponiamo, che si possa investire sempre più nella cultura e che finalmente si riesca a sciogliere dai lacci questo nostro tempo, forse da troppo tempo disatteso ma mai davvero “sospeso”…

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