
Mi impressiona, leggere alcune catechesi nelle varie udienze, nel commento al Vangelo in Santa Marta, con le quali il Santo Padre Papa Francesco sta comunicando a tutti alcuni indicatori che vanificano la nostra fede, il nostro credo. Mi piace partire dalla frase: “l’ipocrisia è il peggior nemico della comunità cristiana”. “Ci sono tanti turisti nella Chiesa” che “si dicono vicini ma cercano solo il proprio interesse”. Continua Papa Francesco: “venire meno alla sincerità della condivisione significa coltivare l’ipocrisia, allontanarsi dalla verità, diventare egoisti, spegnere il fuoco della comunione e destinarsi al gelo della morte interiore”. “L’ipocrisia è il linguaggio del diavolo, è il linguaggio del male che entra nel nostro cuore e viene seminato dal diavolo. Non si può convivere con gente ipocrita. A Gesù piace smascherare l’ipocrisia.
Lui sa che sarà proprio questo atteggiamento ipocrita a portarlo alla morte, perché l’ipocrita non pensa se usa dei mezzi leciti o no, va avanti.” Nel mio compito di Pastore mi rendo conto che questo è costatabile ed è uno dei comportamenti che si è radicato talmente nella nostra vita che quasi non ce ne rendiamo più conto. Il linguaggio ipocrita – ha aggiunto il Pontefice – non dirò che sia normale, ma è comune, è di tutti i giorni. L’apparire di un modo e l’essere in un altro. “Nella lotta per il potere, per esempio, le invidie, le gelosie ti fanno apparire un modo di essere e da dentro c’è il veleno per uccidere perché sempre l’ipocrisia uccide, sempre, prima o poi uccide”. Il termine “ipocrita” ha un ricco contesto letterario. Il termine viene dal latino e significa “recitare, fare finta”. Ancor prima, il termine si trova sia nel greco classico che in quello del Nuovo Testamento, e comunica la stessa idea di recitare una parte e di fingere. Quando Cristo insegnò il significato della preghiera, del digiuno e delle elemosine nel regno di Dio, Egli scoraggiò dal seguire l’esempio di coloro che erano ipocriti (Matteo 6, 2, 5, 16). Queste persone facevano preghiere lunghe in pubblico, facevano di tutto per far notare agli altri il loro digiuno e mettevano in gran mostra le elemosine fatte nel Tempio e per i poveri.
In questo modo mostravano di avere un attaccamento puramente esteriore al Signore. Quando i Farisei recitavano questi ruoli drammatici come esempi di virtù religiosa, essi fallivano miseramente nel mondo interiore del cuore che è la vera sede della virtù (Matteo 23,13-33; Marco 7,20-23). Troviamo nella storia della chiesa due esempi eclatanti di ipocrisia. In Atti 5,1-10, due discepoli vengono scoperti nel loro atto di far finta di essere più generosi di quello che erano in realtà. Le conseguenze furono severe. È notevole che, in seguito, è addirittura Pietro che guida un gruppo di ipocriti nel loro modo di agire con i Gentili (Galati 2,13). Dall’insegnamento del Nuovo Testamento, possiamo dunque trarre almeno due conclusioni. La prima è che gli ipocriti esistono tra coloro che si dicono Cristiani. Ne troviamo all’inizio della storia della chiesa e, in accordo con la parabola di Gesù del grano e delle zizzanie, ne troveremo fino alla fine dei tempi (Matteo 13,18-30). In aggiunta, se addirittura un apostolo può essere accusato di ipocrisia, non c’è motivo di credere che Cristiani “normali” non possano cadere nello stesso peccato. Dobbiamo sempre vegliare affinché non cadiamo nella stessa tentazione (1 Corinzi 10,12). Naturalmente non tutti coloro che dicono di essere Cristiani lo sono veramente.
Probabilmente la maggior parte dei più famosi ipocriti tra i Cristiani sono stati in realtà ingannatori e falsi Cristiani. Anche oggi leader Cristiani famosi sono caduti terribilmente nel peccato. A volte sembra che gli scandali finanziari e sessuali sono una vera piaga della comunità Cristiana. Tuttavia, invece di prendere le azioni di poche persone per denigrare un’intera comunità di Cristiani, dobbiamo domandarci se tutti coloro dicono di essere Cristiani lo sono realmente. La parabola di Gesù del seme e dei terreni in Matteo 13 rende chiaro che non tutte le professioni di fede sono genuine. Tristemente, molti che professano di appartenergli saranno sorpresi un giorno nel sentirsi dire: “Non vi ho mai conosciuto. Allontanatevi da me, voi tutti malfattori” (Matteo 7,23). La condanna dell’ipocrisia, vizio tipico delle persone religiose di ogni tempo, è uno degli ammonimenti più presenti già nei profeti di Israele, mentre nei Vangeli è uno dei tratti più marcati della predicazione di Gesù. Per questo il riprenderla oggi, applicandola ai comportamenti di chi non segue la fede che professa ma l’esteriorità delle apparenze, è semplice attualizzazione dell’insegnamento di Gesù. In quelle “preghiere atee” – espressione inedita ma di rara efficacia – papa Francesco denuncia preghiere, liturgie, gesti religiosi in cui Dio è nominato e invocato ma, in realtà, misconosciuto. E nel chiamare in causa l’ateo coerente con i suoi principi, con la sua coscienza Francesco riconosce che chi si professa ateo e segue la sua coscienza è più retto di chi si dice cristiano ma ha un cuore doppio e viva nell’ipocrisia.
Proprio per questo papa Francesco accosta così sovente l’ipocrisia alla corruzione: se altri peccati “chiamano” alla conversione, ipocrisia e corruzione tendono per loro natura a soffocare la coscienza, a farne tacere la voce, a violentarla nella sua dimensione più intima. È allora davvero motivo di “scandalo” l’atteggiarsi a persona di preghiera e poi non amare il prossimo, pretendere di dialogare nella preghiera con il “Dio che non si vede” e disprezzare “il fratello che si vede”. Allora meglio vivere “come ateo”, senza professare la fede cristiana, piuttosto che contraddire con il comportamento ciò che si professa con le labbra. “Anche nella Chiesa l’ipocrisia è la cenere che soffoca l’amore di Dio”. Per fare pulizia occorre, come dice san Paolo, farsi “riconciliare con Dio”. Paolo, non lo chiede, lo supplica: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”. La terapia che suggerisce Papa Francesco per uscire dall’ipocrisia “è imparare ad accusarci”, la vera medicina e saper accusare se stessi davanti a Dio. È un esercizio spirituale che non è comune, non è abituale, ma cerchiamo di farlo: accusare noi stessi, vederci nel peccato, nelle ipocrisie nella malvagità che c’è nel nostro cuore. Perché il diavolo semina malvagità e dire al Signore: “Ma guarda Signore, come sono!”, e dirlo con umiltà”. Chi non sa farlo “ non è un buon cristiano”. È necessario guarire da questo atteggiamento per poter dire la verità, davanti a Dio.
Dipinto in copertina: Lorenzo Lippi, “Doppio inganno”, particolare.