
Le arule rinvenute in territorio di Rosarno costituiscono una delle più significative produzioni degli abili artigiani medmei, nelle cui officine prendevano forma oggetti coroplastici riconducibili alle pratiche religiose, nonché alla ritualità funebre, e quindi molto richieste dai devoti per le consuete offerte alle divinità.
Sono altarini in terracotta di fine V – inizio IV sec. a. C., confezionati con cura meticolosa dai maestri figulini, che li adornavano con scene mitologiche sagomate a bassorilievo, che traevano ispirazione dalle opere dei grandi tragici grecii, rappresentate ad Atene in occasione delle feste in onore di Dioniso. Una scelta artistica, quella dei cesellatori medmei, che differenzia le arule di Medma da quelle prodotte nelle altre poleis, che presentano scene elaborate a mo’ di cliché con poca inventiva, quali combattimenti di animali, duelli di guerrieri o le fatiche di Eracle.
Sono sei, ad oggi, le arule rinvenute nel territorio rosarnese sulle quali sono scolpite scene riferibili alle tragedie greche. Una circostanzada collegare, a parere di Salvatore Settis, ad un evento storico tramandatoci da Tucidide, secondo cui, intorno al 422 a.C., Medma riuscì ad affrancarsi, assieme alla consorella Hipponion, dal doninio locrese e ad instaurare un patto di proficua amicizia con Atene. La liberazione dal non più sopportabile servaggio venne festeggiata nelle due città con entusiasmo e nelle monete medmee e ipponiati venne effigiata la Vittoria.
La fine di ogni legame con la colonia madre, fu per le due poleis sul Tirreno un evento di enorme portata politica, propiziato della guerra che Locri, alleata di Siracusa, stava combattendo contro la metropoli attica. L’avere Medma voltato le spalle ai locresi, ponendo fine, tra l’altro, all’utilizzo del porto-emporio, sfruttato dalla colonia jonica per incrementare i commerci marittimi nel Tirreno, venne interpretato dagli ateniesi come una scelta strategica coraggiosa e di notevole valore politico, tanto da indurli ad allacciare con essa un forte legame culturale, di cui le arule rappresentano un sicuro riscontro. Un vincolo che diventerà ancora più stringente quando qualche decennio dopo ad Atene fece il suo ingresso il giovane scienziato medmeo Filippo, divenuto discepolo prediletto, amico e segretario di Platone, – nonché biografo ed editore delle opere postume -, che lo indirizzò agli studi di matematica, astronomia ed etica. Plutarco lo paragona ad Euclide, innalzandolo tra i più grandi ingegni dell’antichità per l’opera “Intorno alla fi gura della luna”. Quando Platone compì un viaggio in Magna Grecia in visita alle scuole pitagoriche, dal 367 al 361, il discepolo Filippo fu al suo fi anco. E non è da scartare l’ipotesi che abbia portato il Maestro a visitare Medma e a fargli conoscere i suoi familiari.
Per Maurizio Paoletti l’influenza che Atene esercitò su Medma è da considerare successiva alla spedizione effettuata dagli Ateniesi in Sicilia nel 415 a. C. E il fatto, comunque, che nel repertorio coroplatico di Medma compaiano temi ricavati dalle tragedie greche costituisce un evento artistico prodigioso, che non ha l’eguale in tutta la Magna Grecia.
Interessante l’annotazione fatta da P. E. Arias, secondo cui le arule medmee raffigurano quei miti che nell’arte greca e magmogreca erano rappresentati nei vasi, per cui si spiega come proprio la produzione di arule tanto a Locri quanto a Medma “abbia fatto diminuire la richiesta di vasi greci”.
Che le arule siano state rinvenute tanto nelle aree sacre, quanto nei quartieri urbani e nella necropoli, sta a significare l’importanza particolare che rivestivano per i medmei nell’ambito delle pratiche religiose. Una rilevanza che si ritrova in altre poleis dei Greci d’Occidente – Locri, Caulonia, Taranto, Selinunte, Gela, Mozia, Himera, ecc. -, dove gli altarini venivano prodotti in quantità notevole dagli artigiani locali, che se ne servivano anche come merce da esportazione.
Quale era la funzione specifica delle arule? Gli studiosi ritengono che esse servissero per funzioni strettamente religiose e venissero usate: 1) durante le cerimonie funebri, come elemento decorativo nella costruzione di una tomba, oppure come componenti del corredo funebre da porre accanto al defunto, o ancora frantumate e sparse in cocci attorno al sepolcro; 2) come ex-voto portati dai fedeli presso i santuari per farne dono agli dei colà venerati; 3) infine, come piccoli altari custoditi nelle abitazioni su cui preparare piccoli doni da offrire agli dei (latte, frutta, chicchi di grano e di orzo, olio, sale, ecc.).

ARULA DI ANDROMEDAI – Vi è raffigurata una scena riconducibile ad una tragedia di Euripide, Andromeda, andata perduta: il giovane guerriero Perseo, di ritorno dall’impresa vittoriosa contro Medusa, stringe un patto con il vecchio Cefeo, re degli Etiopi, promettendogli di liberare la fi glia Andromeda, tenuta prigioniera da un mostro.

ARULA DI TYRO – È raccontata plasticamente la vicenda, narrata da Sofocle in una tragedia andata purtroppo perduta, di Pèlia e Neleo, i fi gli di Poseidone, che notati i maltrattamenti che la madre Tyro ha dovuto subire dalla matrigna Siderò, uccidono questa in presenza del loro nonno Salmoneo presso l’altare del tempio di Hera.Fu rinvenuta in minuti frammenti da Paolo Orsi in una tomba negli scavi della necropoli di Nolio-Carozzo (1914) e richiese una paziente opera di ricomposizione. A lavoro ultimato i restauratori ebbero “la grande soddisfazione di stabilire, mediante il confronto con la matrice nel frattempo trovata a Rosarno (è la matrice Colloca), che essi non avevano commesso il benché minimo errore” (Orsi).

ARULA CONGEDO FUNEBRE – In un’altra arula, rinvenuta da Orsi, è raffigurata una scena di difficile interpretazione. Sono rappresentati tre personaggi: al centro un giovane, accompagnato da una donna, stringe la mano ad un vecchio con la barba, che se ne sta seduto. Potrebbe trattarsi della scena riferita ad un congedo di carattere funebre (la prematura morte di un giovane che si allontana dagli affetti cari), oppure di una scena desunta da una tragedia greca di cui non si conosce né titolo, né autore.

SCAVI ORSI – Contadini di Rosarno utilizzati durante la campagna di scavi condotta da Orsi su Pian delle Vigne in contrada Calderazzo, negli anni 1912-1914.

ARULA GANGEMI – Appartiene alla collezione Giovanni Gangemi e si trova esposta nel Museo di Medma-Rosarno. Raffigura una Sfinge posta tra due colonne. È stata rinvenuta in una tomba nella necropoli di contrada Carozzo-Nolio.

ARULA SETTIS – Vi è rappresentata la scena di un leone che combatte contro un toro. È stata ritrovata da Salvatore Settis nel corso degli scavi da lui condotti su Pian delle Vigne tra il 1964 e il 1966. Per il colore dell’argilla si ritiene provenga da Locri.