
Il porto di Messina aveva per il commercio tedesco una base importante, anche perché da qui le merci provenienti dalla Germania si riversavano in tutta l’isola. Il commercio di esportazione dalla Sicilia era più considerevole e comprendeva agrumi, manna, liquirizia, sommacco, vino, agro di limoni, pomice di Lipari ed essenze, attività più riservata agli stranieri residenti a Messina. La presenza inglese, precedente a quella tedesca, aveva contribuito alla ripresa economica favorendo il commercio e l’agricoltura. Inoltre, la produzione dello zolfo dell’isola fu praticamente gestita interamente dagli inglesi. L’imprenditoria inglese contava circa quaranta famiglie sparse nell’Isola, i Sanderson a Messina e Witaker nella zona di Trapani con sede a Mozia. Un gruppo di ricchi imprenditori britannici cooperò nel 1900 alla fondazione della “Messina Football Club “, il suo presidente fu Walter Becker, titolare di una agenzia di navigazione a Messina. Tra i tedeschi a Messina, Rekowski ex paggio del Kaiser e granatiere dell’imperiale esercito, vi giunge nel gennaio 1874 come segretario nel consolato tedesco, e vi rimane fino al 1877. La sua carriera incluse Nizza fino al 1886, Milano fino al 1891, e infine Napoli fino al 1905. Secondo i suoi stessi appunti, la colonia straniera era “importante per la sua ampia attività mercantile più che per il numero dei suoi membri” e al suo interno, erano le “ditte tedesche e svizzere a occupare il primo posto, mentre prima, come in tutte le città mediterranee, predominavano le ditte inglesi”.
Negli anni in cui egli visse a Messina, tra gli esponenti più in vista della colonia tedesca vi erano, imprenditori come gli Jaeger (proprietari di una grande filanda di seta); i banchieri Grill (originari di Augusta e titolari della “Walser & C.”); commercianti come i Ruhrberg, i Falkenburg, i Koenitzer (di Francoforte), i Kamp, i Kuhne, i Druk, i Wolff (di Lippstadt), i Rabe (di Bielefeld), gli Jacob, i Thomasius, i Weinert, i Sukey (di Berlino), gli Haugk (di Lipsia), i Fischer (di Francoforte), e altri con funzioni diverse. A essi si affiancavano ingegneri come Weigert, litografi come Buhring e Heusser, legatori come Welbatus, fotografi come Weintraub. La comunità mercantile tedesca lavorava, secondo il segretario Rekowski, in modo “straordinariamente diligente e scrupoloso” e né i proprietari delle ditte, né il numeroso gruppo di giovani impiegati trovavano tempo per bighellonare.
Del periodo del suo soggiorno nella città dello Stretto, Rekowski ricorda l’inaugurazione della “Dolceria Germanica” di Vogelsang & Fischer; narra con elogio la vita sociale che offriva la città con occasioni di incontro, oltre che con la ampia e composita comunità straniera, anche con le famiglie locali più in vista. Anche quando Rekowski lasciò la città dello Stretto e raggiunse altre destinazioni, la Sicilia occupò un posto rilevante nelle sue memorie; in particolare Messina racchiudeva “i suoi luoghi dell’anima”, come egli stesso scriveva. Il suo soggiorno fu ricco di impegni ma anche allietato dalle nuove conoscenze di molte famiglie di commercianti stranieri residenti in città e, in particolare, strinse rapporti amichevoli con i suoi coetanei; riporta nei suoi diari: “noi giovani ci incontravamo solo a pranzo e di sera; nella calda estate per un gelato all’aria aperta, in inverno nelle ospitali case dei mercanti”. Rekowski elogia le famiglie dei mercanti di cui apprezza la cultura, l’esperienza e la conoscenza della realtà locale, ammira e gradisce la compagnia delle “gentili e vivaci figlie”, così i salotti venivano descritti come luoghi di conversazione e letizia; in queste riunioni “si faceva musica e si discuteva di letteratura”. Riguardo ai rapporti tra la comunità straniera e la società locale, Rekowski osserva che “non vi era invece frequentazione tra noi stranieri e le famiglie messinesi, semplicemente perché queste non aprivano le loro case, ma vivevano in segregazione orientale. Questo valeva soprattutto per le mogli, gelosamente nascoste, e per le figlie, tenute letteralmente sotto chiave”. Per poi appurare che la realtà era diversa dalle convinzioni e che le belle donne messinesi erano anche intelligenti, colte e conoscitrice di danze moderne, potevano competere alla pari con le donne straniere, di cui conoscevano anche la lingua. In uno di questi incontri, Rekowski conobbe Luisa Leila Sanderson, che all’epoca non aveva ancora venti anni. Quell’incontro tra l’aspirante console tedesco e la giovane Inglesina sfociò nel fidanzamento. Luisa Leila Sanderson nata a Messina, era la primogenita di Robert Sanderson e di Amelia Sarah Child. Fu il nonno William Sanderson a dare inizio alla stabile presenza della famiglia a Messina. Dopo la partecipazione alle guerre napoleoniche e dopo una esperienza mercantile a Malta, si stabilì a Messina con la moglie Sophia Jeans e i quattro figli William, Thomas, Eliza Sophia e Robert. Qui aveva raggiunto una notevole posizione nella realtà economica locale con la “William Sanderson & Sons” tanto da essere considerato “uno dei principali mercanti inglesi” a Messina; dopo la sua morte, unico titolare della ditta di famiglia rimase suo figlio Robert, cioè il padre di Luisa Leila, che Rekowski descriveva come “uno stimatissimo commerciante generale”, che parlava anche il tedesco e amichevolmente disposto verso i tedeschi. Rekowski trascorreva il tempo disponibile con Luisa Leila sia nella casa che Robert Sanderson possedeva in città, sia nella casa di Pace, dove Robert Sanderson aveva acquistato due appezzamenti di terra trasformandoli in un fiorente giardino con alberi pregiati e rari.
Villa Sanderson, poi nota come Villa Amalia e conosciuta come Villa Bosurgi, sorgeva a Pace tra i villaggi Paradiso e Contemplazione. Rekowski riteneva questi “tre nomi pieni di poesia” secondo la sua sensibilità li valutava: “non solo al meraviglioso paesaggio, ma anche alla solenne suggestione dell’anima”. Durante l’estate i Sanderson si trasferivano a Castanea dove possedevano un villino circondato da un ampio giardino. Qui, la mattina e la sera dominava il fresco, Rekowski nel fine settimana raggiungeva Luisa Leila. Così, Pace e Castanea diventano “luoghi dell’anima” e sinonimi di riposo e tranquillità. Sposata Luisa a Nizza dove si erano trasferiti all’ambasciata, ebbero due figli, una femmina e un maschio che ebbe come padrino lo stesso Imperatore Guglielmo I. Alla nascita della terza figlia, fece da madrina la Regina del Wurttemberg e le fu dato il nome Olga come S.M. I Rekowski fecero ritorno spesso a Messina anche dopo averla lasciata. Le ville di Pace, di Castanea e di Palermo accolsero la famiglia imperiale più di una volta, la quiete, l’ombra, la sicurezza dei viali e le terrazze costituivano per gli imperiali oasi riservate e sicure dove trascorrere un poco di riposo dagli oneri gravosi. Villa Amalia a Pace fu distrutta dal terremoto del 1908. Villa di Castanea invece, non fu mai più completata.
Nella foto: Villa Castanea