
Gli ambulanti da pochi anni sono passati dal carrettino trainato a braccia o da un animale alle Moto Ape: tre ruote per un intero mondo. Anche molte famiglie le avevano: i posti in cabina spettavano all’autista, il papà, alla mamma col neonato e il figlio di due o tre anni, che si beccava due scappellotti ben assestati appena allungava le mani per toccare il manubrio. Sul pianale dell’Ape, insieme al resto dei figli, si sistemavano una o due sedie di corda, per i nonni. Intanto dilagava la moda delle motociclette, le automobili assumevano forme più moderne e morbide, telai in alluminio, gomme adeguate alle nuove strade asfaltate ma adatte anche allo sterrato: in Sicilia abbondavano le corse automobilistiche. Tutto l’anno erano programmati eventi e le famiglie si organizzavano per non mancare a nessuno di essi. Non so quanti tra voi hanno sentito parlare di: sfilata dei “Carri di carnevale” e “Carri dei fiori”, “dell’Agosto Messinese”, “dell’Irrera a mare”, “la Fiera Campionaria”, Rosticceria “Nunnari”, “Magazzini Piccolo”, ”Cantieri Rodriquez”, “Industria agrumaria e essenze Sanderson”, e poi la movida di Taormina, la consegna dei premi cinematografici? La sfilata dei carri aveva un tema, ciascuno dava libera interpretazione al proprio estro. I carri venivano allestiti su cassoni di camion, vespe, moto ape ecc.
Il viale San Martino, allora in un’unica ampia corsia, si riempiva di maschere, suoni e allegria. Il percorso si snodava dal Viale alla via Garibaldi. Alla sfilata dei carri delle parodie, si univano i “carri dei fiori”, opera dei mastri fiorai messinesi, che realizzavano vere opere che poi venivano giudicate da una giuria. Le pasticcerie brulicavano di avventori. Alle sfilate, l’organizzazione includeva i veglioni di carnevale che si svolgevano in Fiera, al cinema-teatro Savoia, Sala Metropol. “L’Agosto messinese” era una vetrina internazionale e i nostri lidi, attiravano star e personaggi di spicco. I negozianti venivano premiati per le vetrine più belle e inoltre facevano da “sponsor”; era un fiorire di eventi sportivi: gare di nautica, con qualificazione per i campionati nazionali ed europei, atletica, ginnastica, sport orientali, pattinaggio su strada, corse podistiche, ciclistiche e motociclistiche. Nel cortile interno di Palazzo Zanca si svolgevano i tornei di pallacanestro. A Piazza Municipio si allestiva un anfiteatro con una capienza di dodici mila posti, si proponevano spettacoli come il festival internazionale del folklore, commedie siciliane, opere liriche, e “l’opera dei Pupi” a cura della famiglia Gargano, pupari di professione. In tutto questo i messinesi avevano un luogo d’incontro eccellente: il ritrovo Irrera, fondato nel 1897. I primi di agosto all’interno dello spazio della Fiera si svolgevano le rappresentazioni cinematografiche collegate alla rassegna di Taormina. Donne in abito da sera e uomini rigorosamente in smoking.
Un punto di ritrovo storico per singoli, giovani e famiglie, era la rosticceria Nunnari, dove ognuno si ritrovava per gustare l’arancino (o arancina, o arancinu, chiamatelo come vi pare ma il gusto si fa beffe del lessico) più buono e invidiabile dell’universo gastronomico, una goduria per il palato e una alchimia di sapori, speranze e fantasie scaturivano da quel magnifico impasto dove i profumi della Sicilia si amalgamavano armoniosamente. Nunnari aveva ideato i “doremì”, triangoli di morbido pane a cassetta colorato arancio o verde, ripieno di insalata russa; sapete qual era il loro costo? 120 lire. In agosto ogni cosa era programmata, le famiglie già in primavera avevano acquistato, “u iadduzzu”, che in città veniva ben pasciuto dentro una gabbia tenuta in balcone, in campagna razzolava libero e castrato per ingrassare di più (per piacere non scandalizzatevi!). Il pranzo di “mezz’agosto” riuniva tutti i parenti, compresi coloro che venivano per le ferie. Quando ci si metteva a tavola era difficile prendere impegni per dopo pranzo. Così si iniziava a “spiddicchiari” alivi chini e salati, fummaggiu, pìpi e e mulinciani chini, parmiggiana, pasta ‘ncaciata, iadduzzu o furnu chi patati, o cucinatu a grassatu cà sassa; muluni russo bellu frisco, e tipico dolce messinese “bianco e nero”. Tutto innaffiato con vino locale, marsala ghiacciata, limoncello, amaro siciliano, caffè e ammazza caffè. Dopo il pranzo seguivano due ore di sonno, alcuni rimanevano definitivamente incollati alla sedia e al tavolo che fungeva da cuscino, altri raggiungevano a fatica le sdraio. Sul più bello arrivavano le donne col caffè, era il momento di andare alla processione della Vara, vedere i giganti Mata e Grifone ovvero “U Gilanti e a Gilantissa”. La “passeggiata” comprendeva la “calia”, il biscotto calabrese, la birra, il gelato, il palloncino, un arancino, un gelato e un torrone; a conclusione “sparavano” i giochi d’artificio e si poteva ritornare a casa, sfiniti. I piccoli in braccio addormentati e i grandi con la pancia appesantita.
Ebbene, in tutti questi anni di crescita e riscatto, abbiamo avuto anche le nostre soddisfazioni nazionali, Messina tra gli anni Cinquanta e Sessanta si collocava tra le città italiane più eleganti, pulite, belle e ricche di eventi. Peccato che le successive amministrazioni si sono fatti sfilare lo scettro dalle mani. Poi c’erano gli eventi fuori porta, le gite, si andava sulla spiaggia di Taormina, anzi all’Isola Bella! Se nel frattempo della lettura avete caldo bagnatevi, prendete una bevanda fresca, ma rimanete ancora concentrati: una lunga fila di vacanzieri scende i numerosi gradini che conducono all’unica striscia di sabbia che condivideranno con decine di persone di ogni nazionalità. Il distinguo è facile e immediato, gli stranieri sono quelli col cappello, macchina fotografica, sandali coi calzini, carnagione color pomodoro maturo. Il resto è roba nostrana, si sente dalla scia di aromi che lasciano al loro passaggio. In estate nel teatro greco di Taormina si svolgeva “la Rassegna Cinematografica con la consegna dei David di Donatello”: Hollywood era sbarcata in Italia e aveva raggiunto la Sicilia. La domenica si raggiungeva Taormina per un caffè e ritrovarsi a passeggiare tra i miti dell’epoca. La città brulicava di giornalisti e fotoreporter, impegnati nello scoop del secolo. Era impegnativo entrare in un locale o passeggiare sul Corso, vista la continua presenza di Vip.
Scorrono i ricordi e si rivedono le immagini con tenerezza e col pensiero che “i propri tempi” siano stati i migliori di sempre. Il divertimento era dovuto, ma veniva sempre dopo il lavoro e soltanto se non comprometteva il bilancio; è stata la rivincita dei nostri genitori che uscivano dalla guerra sfiniti e affamati, adesso lottano perché i figli abbiano un futuro migliore. “Ricordi”, azioni, uomini di cui parleremo ancora per conoscere meglio Messina e i messinesi.