Territorio

Mili Marina può rinascere grazie ai beni confiscati alla mafia

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di Francesco Greco

Mili Marina è un piccolo paese di periferia a sud di Messina, 2 km circa di stretta strada “nazionale” percorre l’abitato, che ad est costeggia il mare, 2000 anime circa, alle quali se ne aggiunge qualcuna in più durante la stagione estiva. Il paese è sprovvisto di una qualsiasi struttura pubblica utile alla vita sociale. Non esiste una piazza, nemmeno quella della chiesa, non esistono giochi per bambini e nemmeno spazi per gli anziani. La gente per condividere un po’ di socialità ha l’unica possibilità di dividersi tra i due bar presenti, straordinariamente posizionati uno di fronte l’altro, divisi dalla strada. La clientela delle varie piccole attività commerciali, che raggiunge il villaggio in auto, molto spesso si trova di fronte la scelta obbligata di dover praticare l’incivile parcheggio in doppia fila, oppure dover andar via per mancanza di spazi. L’azienda del trasporto pubblico locale, solo da pochi anni ha ripreso a far passare un piccolo bus, con poche corse ed esclusivamente in direzione sud-nord, che in altri termini qualcuno potrebbe interpretare andata senza ritorno. Insomma, si potrebbe definire un quartiere dormitorio per certi aspetti, dove i cittadini per i 3/4 dell’anno possono per lo più stare in casa, costretti a doversi mettere in viaggio per poter usufruire dei tanti servizi assenti. La salvezza e attrattiva di questa zona è rappresentata dalla spiaggia e dal mare dello Stretto, che nei mesi più caldi fa ravvivare il paese, abitanti e villeggianti.

La sorte ha voluto dare a Mili Marina un’opportunità di riscatto, attraverso un terreno di circa 15mila mq, che in origine probabilmente era destinato ad operazioni di speculazione edilizia e che oggi, sottratto e confiscato alla criminalità, può tornare nella disponibilità della collettività.

Terreno che lega questo tranquillo paesino di periferia a storie, personaggi e vicende di Mafia ormai note e, in particolare, al defunto imprenditore Michelangelo Alfano. Soprannominato “uomo d’onore di Bagheria”, considerato una costola di “Cosa nostra” nella città di Messina. Infatti, fu Giovanni Falcone già nel 1984 ad indagarlo nell’ambito del primo maxiprocesso a “Cosa Nostra” palermitana. Alfano arrivò a Messina a fine anni ’70 e iniziò i suoi grossi affari da vincitore di appalti per la pulizia delle carrozze ferroviarie per tutto il sud Italia, negli anni ’80 acquisisce la fallimentare squadra di calcio ACR Messina, divenendone il presidente della società e così guadagnando grande popolarità in città. Le sue operazioni coinvolgevano anche l’edilizia, come la costruzione del complesso residenziale “casa nostra” attraverso riciclaggio di denaro sporco. Dopo un periodo di latitanza, avvenuta in pieno centro a Messina, nel ’88 decide di consegnarsi ai Carabinieri di Palermo, ma verrà scagionato dalle accuse per mafia e tornerà ai suoi affari. Nel ’95 viene arrestato con l’accusa di essere il mandante del ferimento dell’avv. Mino Licordari, famoso conduttore televisivo nelle emittenti locali. Nel ’99 subirà la prima confisca, oltre allla richiesta del 41-bis, confische che si ripeteranno e confermeranno nel 2002. Nel 2005 verrà ritrovato morto in una radura vicino alla sua abitazione, ucciso da un colpo di pistola alla tempia destra. Nella sua tasca fu ritrovato un biglietto alla famiglia dove si scusava per l’estremo gesto, giustificandosi che non avrebbe potuto sopportare la condizione di vita che gli si prospettava. Pochi giorni prima l’avvocato l’aveva avvisato che sarebbe dovuto tornare in carcere. Per i Carabinieri, la sua morte è stata certamente suicidio.

A decenni di distanza nel 2015, questi beni vengono trasferiti dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al Comune di Messina, che ne ha manifestato interesse per acquisirli per scopi sociali. Il Comune inoltre è riuscito a ristrutturare l’immobile di 26 mq a Mili Marina attiguo al grande terreno, insieme ad un quadrivano in località Acqualadrone per un importo complessivo di 333.000 euro, intercettando fondi europei al fine di realizzarvi un pronto soccorso sociale.

Attività che, nonostante l’assegnazione del bene ad un’organizzazione di volontariato, non ha mai visto luce nel piccolo paesino costiero a causa di “problematiche burocratiche” così come sostengono i rappresentanti dell’associazione allora vincitrice del bando di assegnazione indetto dal Comune. Ad oggi questo mini-immobile di 26 mq, avendo subito atti vandalici nel 2018, seppur esternamente si presenta in buone condizioni con in bella mostra pannelli solari sul tetto, una facciata brillante e persino un impianto di allarme, presenta condizioni interne dei locali vetuste, con muri rigonfi di umidità e impianto elettrico scorticato. A soli 6 anni dalla ristrutturazione, pagata profumatamente con soldi pubblici, viene da pensare ad una mala gestione della cosa pubblica, insufficiente controllo della qualità dei lavori effettuati ma, soprattutto, un intollerabile ritorno all’abbandono.

Altro nodo di questa ingarbugliatissima matassa è l’assenza, nonostante la confisca, tra le disponibilità del Comune della particella nr. 1563 rappresentante un’importante porzione del grande terreno (quasi il 50%), ma che ancora nelle visure catastali compare intestata all’ormai fallita e defunta Miledil srl, p.iva 00806770830, dell’allora Michelangelo Alfano.

Dopo anni di battaglie portate avanti per riaccendere i riflettori su questa vicenda, da varie e numerose realtà del territorio tra le quali, ad esempio, la Parrocchia S. Paolino, il Comitato XIX luglio, la ProLoco Messina Sud e il Comitato Vallata di Mili pare si sia giunti ad una svolta. Proprio quest’ultimo Comitato, con recenti solleciti di grande impatto mediatico, effettuati dall’allora presidente Salvatore Maressa, è riuscito finalmente a far smuovere il Comune di Messina. Infatti, l’azienda partecipata “Patrimonio SpA”, delegata alla gestione delle proprietà comunali, ha indetto un bando per l’assegnazione dei beni non utilizzati (scadenza 15 maggio) tra cui anche quelli di Mili Marina.

“Vogliamo migliorare la qualità della vita dei cittadini – dichiara al nostro giornale Maressa – da troppo tempo subiamo una situazione di invivibilità a causa della mancanza di adeguati spazi pubblici di aggregazione. I bambini sono costretti a giocare a pallone nel parcheggio di un supermercato, negli orari di punta il traffico di auto si congestiona e il paese diventa impraticabile. Il terreno confiscato deve essere riqualificato con interventi di rigenerazione urbana, al fine della fruizione da parte dei cittadini, che a voce unanime chiedono semplicemente di poter respirare all’area aperta, poter passeggiare in un parco, portare i bambini ai giochi, avere una piazza quindi un punto di incontro e aggregazione. Non si possono negare all’uomo quegli strumenti per essere “animale sociale” così come ci diceva Aristotele”.

Quella che potrebbe essere la chiave di volta per rivoluzionare positivamente il paese è rappresentata dal progetto del geom. Letterio Oteri, che già nel 2014 ha donato all’amministrazione in carica e, a seguire, alle successive amministrazioni un completo progetto tecnico che prevede la realizzazione di orti sociali, aree per eventi e manifestazioni, una seconda strada per la viabilità interna e parcheggi. La richiesta nonché speranza iniziale era quella che fosse direttamente il Comune a stanziare fondi e realizzare le opere che la comunità milota chiede, data la vastità del terreno è comprensibile che nessuna piccola associazione del territorio sarebbe in grado di poter affrontare le ingenti spese che la situazione richiede. Ma la pubblica amministrazione ha ormai deciso di percorrere la strada di Ponzio Pilato, chiedendo proprio alle organizzazioni sociali aventi diritto, di partecipare al bando al fine di prendere in gestione l’area e le strutture attigue con tutto ciò che ne consegue in termini di ristrutturazioni, messa a norma e in sicurezza e attività per renderle fruibili. A questo punto non resta che alle associazioni tracciare quei due, tre, quattro, cinque, dieci, cento (e forse oltre) passi che sarà necessario percorrere per fare in modo che Mili Marina torni a vivere e, anche a distanza di decenni, provare a sconfiggere quella Mafia che ha sempre contrastato una sana crescita del territorio. A chi vincerà il bando il nostro augurio di poterci riuscire, nella speranza che siano affiancate da tutte le istituzioni in potere di fare qualcosa, che uscendo dal solco dell’immobilismo, tornino a svolgere la loro missione, quella di essere al servizio dei cittadini.

Francesco Greco

 

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