
Nicola Antonio Manfroce nacque a Palmi il 20 febbraio del 1791 da Domenico e Carmela Rapillo ed è soprattutto grazie a Francesco Florimo, nativo di San Giorgio Morgeto, se oggi si conosce la vita e le opere musicali del giovane e geniale musicista.
La sua apparizione musicale fu definita dai critici come una meteora splendente di luce propria nel firmamento musicale del tempo. Florimo nella sua opera “La Scuola Musicale di Napoli” scrive per questo giovane palmese che “le sole due opere teatrali, che giunse a comporre, dimostrano chiaramente a quale punto sarebbe arrivato se non gli fosse venuta meno la vita prima di giungere all’anno vigesimo terzo di sua età’”.
Fin da piccolo Nicola Antonio mostrava una grande passione per la musica inculcatagli dagli insegnamenti del padre il quale, oltre ad essere Maestro di Cappella della Chiesa Madre di Palmi, insegnava l’arte musicale anche ai privati. Infatti, tra i Protocolli del Notaio Michelangelo Soriani dell’anno 1798 conservati presso l’Archivio di Stato di Palmi si ha la conferma della sua attività musicale dal seguente atto: “Don Domenico Manfroce di questa città di Palme, cognito, manualmente, realmente, e di contante, si riceve dal Signor D.Pietro Baldari, quì presente e sborsante, la somma di ducati quattordeci, consistentino in tanta moneta di argento uguale in questo Regno di Napoli, avanti di noi numerati. Per li quali ducati quattordeci, come sopra ricevuti per esso suddetto D.Domenico Manfroci, col suo giuramento spontaneo si obbliga se stesso realmente e personalmente, Eredi, e beni tutti del medesimo, col copio, et precario, et parto, per decomputarsi ad esso Sig.Baldari, e i suoi eredi alla ragione di carlini quindeci il mese, con darci lezzione di cantalo e solfeggio ad esso Sig.D.Pietro senza punto mancare, e mancando da tal sua obbligazione che proporzionalmente si dovessero ratizzare le mancanze”.
Già ad undici anni il giovane e precoce genio suonava in una banda di musicanti della città, tanto che la sua bravura fu notata da un commerciante del luogo che lo condusse a sue spese a Napoli dove lo iscrisse al Conservatorio della Pietà dé Turchini poi passato in quello di San Sebastiano. Lo storico Palmese Domenico Guardata nell’opera inedita dal titolo “Memorie sulla città e territorio di Palme:1850-1858”, così scrive di lui: “Nacque Nicola Manfroce verso gli ultimi anni dello scorso secolo, e sin dalla più tenera età manifestò un amore grandissimo per la musica, talchè spesso mangiando soleva anche suonare il pianoforte. Giunto all’età di anni 11, e condotto in Catanzaro come membro di una compagnia di musica paesana, invitata in questa città in occasione di una festa, i Catanzaresi in vederlo mossero delle lagnanze contro il Sig.Ionata, direttore della musica, perché in una orchestra così rispettabile si fosse introdotto un ragazzo. Ma allorquando essi sentirono il Manfroce dar moto al suo strumento, oh! allora non solo più inetto lo reputarono; ma solo mille voci di acclamazione per l’aere echeggiarono; ma par impossibile ritenere essere egli uomo, bensì uno spirito”. E aggiunge ancora: “Or dirigendo un dì un’orchestra di musici nella Chiesa dei P.P.Riformati (oggi del Crocefisso) in Palmi, ed udito da un tale Gaetano Cresci negoziante, questi ammiratosene lo condusse in Napoli per metterlo a sue spese in un istituto musico di quella città; ma fallito immediatamente nel negozio il Sig.Cresci, era il Manfroce sul procinto di ritornare in Palme allorquando per cura di altro benefico uomo, del Signor Antonio Bianchini, entrò in uno dei Conservatori. Uscitosene in seguito, pose in musica l’Ecuba e l’Alzira, che riscossero gli applausi dell’universale; e finalmente morì alla giovanissima età di anni 22”. I genitori del giovane compositore erano originari della vicina Cinquefrondi e si stabilirono definitivamente a Palmi quasi certamente qualche anno dopo il terremoto del 5 febbraio 1783. Dall’atto del Notaio Filippo Catalano del 3 aprile 1784 si evince che i genitori prima della nascita del musicista erano ancora residente a Cinquefrondi “dimoranti in questa città di Cinquefrondi e perché per nostri urgenti affari non possiamo essere di persona in quella città di Palmi”. Con atto del 1786 dello stesso Notaio risultano invece già residenti nella nostra città: “In mia presenza presenti e personalmente costituiti li coniugi Domenico, e Carmela Rapillo di Cinquefrondi, oggi in questa città di Palmi“. Per quanto riguarda l’ubicazione dell’abitazione in Palmi della famiglia Manfroce è oggi impossibile individuarla con esattezza in quanto, la ricostruzione della città operata su progetto di Giovambattista De Cousiron ed eseguita dall’Ing. Militare Baldi dopo il terremoto del 1783 ed in quelli successivi, ha cambiato totalmente il primitivo aspetto urbano. L’atto redatto nel 1797 dal Notaio Michelangelo Soriani fa conoscere il luogo dell’abitazione quando il giovane talento aveva appena sei anni che, probabilmente, doveva trovarsi presso l’antica Chiesa Madre dove oggi c’è piazza Amendola. Scrive il Notaio: ”Personalmente costituiti il Magnifico Domenico Manfroci di Cinquefrondi, abitante de domo, et familia in questa città di Palme, infrascritto ed il Magnifico Giuseppe Puntillo della città di Bagnara, abitante anche de domo, et familia in questa di Palme, cognito, per li quali separatamente et non insieme si ricevono in affitto dal Reverendo Don Antonio Sorbara, la casa di abitazione dello stesso possiede in questa città nel quartiere S.Nicolò, limito la rimanente casa di esso Reverendo Sorbara, e quella di Giuseppe Puglisi, per lo spazio di anni tre continui, principianti dal dì sette settembre dell’ anno 1800; in quel tempo poi sfittano, e di ora per allora, si sentono licenziati cioè il quarto superiore ad esso magnifico Manfroci per lo convenuto affittaglio dì ducati sedeci restando l’ingresso in comune”.
Con atto deliberativo n.30 del Decurionato di Palmi del 10 giugno 1859 il Sindaco, per ricordare ai posteri quattro illustri Palmesi propone ai Decurioni l’intitolazione di altrettante strade della città che meglio corrispondano alla loro antica dimora “…Il Decurionato accogliendo la proposta determina che la strada ed il Piano della Muraglia fosse INVECE intitolata a Manfroci, a Saffioti quella che comincia dal Soccorso alla Cittadella purchè la famiglia presentasse per l’Archivio Comunale le opere del Saffioti, o la copia: a Rossi quella che dalla strada Borbonica passa al SS. Rosario nella cui Chiesa esiste la Cappella della Pietà ch’è una della fondazioni del Rossi: a Poeta finalmente la strana ora detta di S.Elia.” Con deliberazione n.37 del 1860 i Decurioni decidono di innalzare ai quattro una stele marmorea di forma piramidale da collocare nel cimitero e scolpire la loro immagine sui quattro lati. L’opera però non fu mai eseguita per mancanza di risorse economiche. L’atto stranamente ricorda Manfroce per aver composto Semiramide e Zaira, mentre l’Ecuba l’Alzira non vengono menzionate.
Nel 1884 il consiglio comunale delibera di intitolare a Manfroce il teatro ancora in costruzione che venne inaugurato il 16 aprile 1893 dall’altro grande musicista Palmese Francesco Cilea con la sua opera Tilda. Il teatro lievemente danneggiato dal terremoto del 1908 fu abbattuto intorno al 1940 per ampliare la piazza antistante il palazzo municipale.
Nel 1913 il Circolo Mandolinistico “Francesco Cilea” tramite una sottoscrizione popolare gli innalzò nella Villa Comunale un busto marmoreo eseguito da Vincenzo Jerace di Polistena su un dipinto ad olio del 1875 di V.Salvatore Pagliotti.
Già da alunno del Conservatorio della Pietà dè Turchini Nicola Antonio Manfroce compose due Messe ed un Dixit per quattro voci e grande orchestra ed una Sinfonia. A 19 anni compose l’Alzira rappresentata al Teatro Valle di Roma nel 1810 e, successivamente l’Ecuba data al San Carlo di Napoli nel 1812 alla presenza dei Regnanti suscitando per entrambe le opere un grande successo.
Mentre componeva l’Ecuba il male che lo avrebbe portato giovanissimo alla tomba aveva già minato il suo corpo. A nulla valsero le amorevoli cure e premure dei migliori medici del Regno messi a disposizione dalla Regina, ne servì l’aria ritenuta salubre di Pozzuoli dove era stato mandato su consiglio del celebre medico del tempo Cotugno. Spirò a Napoli il 9 luglio 1813 quando ancora non aveva compiuto i 23 anni pianto dai suoi maestri e dai compagni di collegio accorsi al capezzale. Dopo una messa diretta dal suo primo Maestro Giacomo Tritto ed eseguita dagli stessi compagni e docenti col segno del lutto al braccio, fu seppellito nella Chiesa di San Sebastiano.