Società

Rendere i giovani protagonisti della propria storia

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Bisogna ammettere che per molto tempo talune forme ideologiche – riconducibili a istituzioni di natura politica, scolastica e religiosa – si sono accostate alla dimensione pedagogica piegandola alle proprie intenzionalità, spesso con approcci scientifici non del tutto adeguati, oltre che distanti dalla realizzazione di esigenze di uguaglianza e di libertà. È da immaginare che gli assetti educativi – al di là delle differenti correnti di pensiero – abbiano di conseguenza avvertito la necessità di attivare modalità più autonome di riorganizzazione del sistema formativo. In realtà, lo sforzo di cui oggi è avvertita l’esigenza di compimento è quello di proporre un approccio teorico e prassico alternativo, capace di gettare le fondamenta di un sapere più critico e aperto al riconoscimento del diritto alle differenze e alla strutturazione di percorsi di mutamento culturale. In questa prospettiva di senso assume una prioritaria importanza la riscoperta della centralità della persona – da identificare ed esaltare nella sua soggettività individuale – grazie a un’azione di contrasto delle disuguaglianze d’istruzione legate all’origine sociale e alle appartenenze. Una tendenza piuttosto estesa, questa, che continua a provocare le condizioni di un non sottovalutabile svantaggio – acuito dalle ripercussioni del divario digitale innescato dalla pandemia – al punto da influenzare i destini sociali e nondimeno quelli professionali. Anche per tale motivazione l’istruzione si rivela essere – come s’intuisce facilmente – una risorsa del tutto cruciale nell’aprire maggiori opportunità di scelta nella costruzione delle proprie biografie, in modo particolare con la tematizzazione di conoscenze intese come strumenti di lettura e interpretazione della vita. Un contributo fondamentale scaturisce anche dall’importanza di dare voce a nuove idee, all’interno di un più ampio programma di rivendicazioni culturali, adottanti contenuti d’insegnamento che coincidano con una presa di coscienza – critica e liberante – intorno alle grandi questioni sociali. Quanto detto richiama l’attenzione sull’impraticabilità di un’educazione addomesticata, il cui rischio è quello di riproporre processi di alienazione dalla realtà, mortificando l’esercizio di un pensiero orientato a realizzare una società autenticamente democratica. Appunto per questo appare evidente l’urgenza di costruire percorsi che sollecitino i giovani a produrre analisi del presente, volte da una parte a fare emergere le contraddizioni che si agitano nella società civile, dall’altra a incoraggiare aspirazioni sulle possibilità di animarla e trasformarla. Volendo circoscrivere l’analisi alla realtà calabrese, una delle sfide prioritarie si lascia cogliere nel tentativo di conoscere e prendere in carico le strutturali precarietà e negatività delle condizioni sociali – unitamente al coacervo di poteri ‘ndranghetisti che continuano a ingenerarle – proponendo a fronte di esse un’educazione dalla funzione sociale, che trasmetta il senso di una tensione intellettuale contestativa per ciò che c’è. Qui il progetto dell’azione educativa – di cui le istituzioni scolastiche hanno sempre più contezza – si salda al trasformativo impegno di rendere i giovani protagonisti della propria storia, attraverso una grammatica della denuncia dell’inaccettabile, creativamente aperta al recupero e alla custodia del bello e delle positività. In definitiva, l’impianto di ogni intervento pedagogico richiede una rinnovata intenzionalità nella definizione dei percorsi formativi, dove l’emancipazione e il riscatto sociale – da una condizione di marginalità – sono incoraggiati dalla capacità di problematizzare la realtà storica, a partire da quella di appartenenza. Ci troviamo di fronte a un punto di snodo fondamentale, la cui soluzione dipende dalla misura in cui troverà spazio ulteriore una pedagogia desiderosa di trasformare la situazione di persistente oppressione culturale in una vera e propria lotta di liberazione. In questo quadro situazionale un notevole contributo, orientato a ridurre la frattura tra educazione e società – dunque a creare una cittadinanza responsabile – può essere altresì profuso dalla formazione cristiana, intesa come libera proposta da orientare alle giovani generazioni. A questo proposito si ha motivo di pensare che la parrocchia costituisca una realtà alquanto centrale, per riuscire a introdurre l’avvio di quei cambiamenti che continuano a essere richiesti anche dagli ambienti cattolici. Certo è che tale sforzo comporta l’individuazione di nuovi linguaggi, che sappiano offrire contenuti e significati in grado di cogliere le tensioni e le trasformazioni del territorio, nel tentativo di sostenere con esso una costante posizione di apertura e dialogo. Tali scopi sembrano alquanto efficaci, considerando il percorso educativo che ad esempio a Gioia Tauro – città complessa e ricca di potenzialità – è stato indicato e realizzato anche dall’ordine dei salesiani. Si tratta di un sistema di valori perenni, inserito nel territorio e strutturato attraverso un fecondo itinerario formativo che merita di essere sostenuto, dal momento che incoraggia a scoprire le proprie risorse, muovendo all’agire con la coscienziosa presa di posizione nei confronti della realtà.

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