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Tali madri, tali figli: Bowlby e la Teoria dell’attaccamento

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Gli anziani del mio paese usavano un modo di dire che racchiude, in poche parole, il senso di questo articolo: “porci e figghjioli comu i ‘mpari tii trovi”. Il carattere dei figli infatti non dipende solo da valori e abitudini trasmessi volutamente e intenzionalmente, buona parte dipende da meccanismi che si trasmettono inconsciamente e attraverso i quali l’infante genera la propria autostima e la capacità di agire autonomamente. Questa trasmissione è stata studiata in un esperimento portato avanti da John Bowlby, psicologo americano, noto come l’ideatore della Teoria dell’attaccamento.

L’attaccamento era considerato da Bowlby come un bene primario, atto a soddisfare il bisogno di sicurezza, che nella scala dei bisogni ancora oggi viene posto subito dopo la nutrizione. Se la figura garante di questo bisogno viene a mancare, si altera la nostra capacità di affrontare le piccole e grandi sfide della vita. Questo concetto fu messo in evidenza attraverso una serie di esperimenti che Bowlby condusse negli anni Sessanta attraverso i quali scoprì che, soprattutto nell’età compresa tra i 6 e i 18 mesi, i bambini sviluppano la curiosità verso ciò che li circonda e che, per iniziare a esplorare, necessitano di un distaccamento momentaneo dalla figura di riferimento: all’epoca la madre o chi ne faceva le veci. L’esperimento consisteva nel chiudere in una stanza con dei giocatto-li la madre con il figlio, successivamente far entrare un altro adulto e far uscire la madre, osservare il comportamento del figlio e poi far rientrare la madre; fu chiamato Strange Situation. Ogni bambino, nelle stesse condizioni, si comportava diversamente e i diversi comportamenti sono stati clas-sificati come segue: attaccamento “sicuro”, il bambino o la bambina presenta un buon equilibrio tra attaccamento ed esplorazione, si dispera quando la madre esce ma si consola subito anche con l’intervento dell’estraneo; attaccamento “insicuro evitante”, è un disequilibrio verso l’esplorazione, la presenza o assenza della madre non influisce sulle attività di esplorazione; attaccamento “insicuro ambivalente”, è invece un disequilibrio verso l’attaccamento, il bambino non esplora l’ambiente, si dispera quando la mamma esce ed è arrabbiato con la madre quando rientra. Successivamente è stato introdotto l’attaccamento “insicuro disorganizzato”, considerato come il fallimento nel rapporto genitore-figlio, tipico di situazioni di abuso o gravi devianze.

Rispetto a questi quattro caratteri, quali erano le caratteristiche corrispondenti nelle madri? Una madre presente nei momenti del bisogno e che capisce le necessità del bambino aiuterà a costruire un buon equilibrio tra attaccamento ed esplorazione e infatti avrà un figlio sicuro di sé. Viceversa, una madre troppo intrusiva, che controlla o stimola troppo oppure non riesce a sintonizzarsi sui bi-sogni del figlio, creerà uno squilibrio. Cosa ci dice allora la Teoria dell’attaccamento? Ci dice due cose: la prima è che la formazione del carattere avviene nei primi mesi vita; la seconda è che buona parte del lavoro non dipende dalla nostra volontà, dai nostri progetti, da quello che sogniamo o vogliamo (al posto loro) per i nostri figli, bensì dipende soprattutto dalle nostre modalità di relazione. Insomma, per usare una metafora, possiamo dire che non possiamo illuderci di disegnare nei minimi dettagli il futuro di un figlio o di una figlia perché non abbiamo il controllo dei pennelli.

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