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Teatro: passioni ed emozioni descrivibili

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In questo numero di “Al di là dello Stretto” ho deciso di raccontare e farvi raccontare un percorso autobiografico costituito da fatti concreti che riguardano me e alcuni miei amici, impegnati da molti anni nel Teatro amatoriale, quello che nasce e progredisce nelle aule scolastiche, nei saloni parrocchiali e negli stanzoni dei garage, che vengono “apparecchiati” per le prove teatrali. In molti casi, queste attività, che nascono come hobby, fuoriescono dalle mura delle fucine caserecce e approdano ai teatri, di solito sono riservati agli attori di professione.

Sono in compagnia del mio amico Giovanni Parrello, in Teatro “Gianni”, gli chiedo di raccontare la sua esperienza vissuta con il Teatro, ragion per cui ci siamo conosciuti e siamo diventati amici:

«Mimmo, ho sperimentato le emozioni che dà il Teatro all’età di 9 anni, al salone parrocchiale Pio X, della chiesa Madre di Palmi. Era l’anno 1979 e il gruppo teatro della parrocchia stava allestendo un dramma sacro, sulla vita di San Francesco d’Assisi. Ero discolo da ragazzo, ma questo mi faceva risultare simpatico, agli occhi degli adulti, e fu così che mi hanno concesso di fare la comparsa nella scena in cui Francesco d’Assisi con gli altri fraticelli si presentava all’udienza papale dal Papa Innocenzo III. In verità, non ho dovuto fare nessuno sforzo per fare quella comparsa, perché in quel periodo don Silvio (l’Arcidiacono di Palmi – n.d.r.) mi aveva autorizzato a fare il chierichetto nella celebrazione della S. Messa, per cui mi trovavo perfettamente a mio agio, nel ruolo che mi era stato assegnato. Ricordo come fosse adesso l’emozione che ho vissuto in quei giorni, durante le prove teatrali, la fraternità e il clima gioioso che c’era tra gli attori, e poi l’allegria condivisa al termine della rappresentazione, quando tutti ci siamo abbracciati esultanti. In quei momenti di indimenticabile felicità e spensieratezza ho deciso che volevo continuare a fare Teatro, e così ho fatto. L’anno successivo ho partecipato alla recita scolastica – frequentavo la scuola Media – e quell’anno gli insegnanti hanno deciso di farci rappresentare “La Varia”, utilizzando i testi delle poesie scritte da Pietro Milone. Mi toccò una parte importante, per pura casualità: ho dovuto interpretare il personaggio del Cav. Giuseppe Militano, inventore della Varia meccanica, perché il mio compagno di classe, che inizialmente doveva fare quella parte, ebbe la varicella, e io fui chiamato a sostituirlo una settimana prima della recita. Negli anni successivi, ho continuato a recitare nel Gruppo Teatro San Nicola e nel 1986 mi sono iscritto al Corso di Teatro dell’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria, che aveva sede a Palmi e che proprio in quell’anno ha dato inizio alle attività di formazione degli allievi. Quella è stata un’esperienza altamente formativa, sul piano tecnico: eravamo più di 60 giovani, ragazzi e ragazze, la maggior parte di Palmi e dintorni, suddivisi in tre corsi, nei quali ci venivano insegnate le discipline basilari del Teatro, a cominciare dai fondamenti di storia del teatro, training autogeno, movimento scenico, mimica, respirazione, canto, dizione, improvvisazione e recitazione, e ancora: elementi di regia, scenotecnica e trucco. Gli insegnanti venivano da Roma ed erano molto qualificati, alcuni di loro insegnavano anche all’Accademia nazionale Silvio D’Amico. Ricordo con simpatia Isabella Del Bianco, Cristiano Censi, Giancarlo Sammartano, Carlo Merlo, Yves Lebretòn, Donato Castellaneta. In quel periodo, a Palmi si svolgevano due rassegne teatrali organizzate dall’Accademia d’Arte Drammatica: una invernale al Teatro Sciarrone e una estiva, nel cortile della scuola “De Zerbi”. Noi allievi dell’Accademia usufruivamo di una riduzione sul costo degli abbonamenti e questo ci permetteva di assistere a tutte le rappresentazioni teatrali. Molto spesso, al termine dello spettacolo, attendevamo davanti ai camerini per salutare gli attori e per chiedere gli autografi; potrei fare un elenco interminabile dei professionisti che sono venuti a Palmi, ma ne cito soltanto alcuni che mi sono rimasti particolarmente in mente: Ugo Pagliai, Paola Gassman, Monica Guerritore, Vanessa Gravina, Giorgio Albertazzi ed Eros Pagni: con quest’ultimo, nel 2007, ebbi il privilegio di recitare fianco a fianco, per la fiction Rai “Gente di Mare 2”. Questa eccezionale esperienza è coincisa, per me, con il fatto che in quel periodo, con la compagnia teatrale di cui facevo parte, stavo allestendo “Così è se vi pare” di Luigi Pirandello e interpretavo la parte di “Lamberto Laudisi”: pensa un po’ Mimmo, era la stessa parte che aveva interpretato magistralmente Eros Pagni alcuni anni prima. Mi ero ispirato a lui e avevo visto decine di volte la videocassetta della rappresentazione. Puoi immaginare che, per me, è stato come per un ragazzo che gioca a pallone incontrare un calciatore di Serie A, di cui possiede la maglietta, con il nome e il numero stampati sulle spalle».

Vogliamo parlare della “Great Talent”, Gianni?

«Ne parlo con molto piacere: era il mese di gennaio 1994 e, con alcuni amici e compagni di Teatro, abbiamo sentito il bisogno di identificarci appieno nell’attività culturale attraverso la recitazione e le altre arti espressive, e abbiamo voluto dare vita a un’associazione culturale che potesse diventare punto di riferimento e fucina teatrale, nel solco della tradizione palmese, anche per altri giovani appassionati di Teatro, che grazie alla nostra associazione potessero avere l’occasione di vivere l’esperienza teatrale; fu così che abbiamo dato inizio alle attività dell’associazione di Arte Cultura e Spettacolo Great Talent di Palmi”. In seguito, con il bene placito delle autorità scolastiche e amministrative dell’epoca, abbiamo fondato il laboratorio teatrale Great Talent, presso il Liceo Classico “Nicola Pizi” di Palmi. La scuola ci ospitava gratuitamente nei capienti locali posti al pianterreno dell’Istituto, dove abbiamo allestito un palcoscenico e dove svolgevamo regolarmente, in orario pomeridiano, i “Corsi di avviamento al Teatro” ai quali hanno preso parte, in quasi cinque anni di attività, più di 150 studenti del Liceo Pizi; tra quei ragazzi c’eri anche tu Mimmo, te lo ricordi?»

Rispondo:

«E come no! Certo che me lo ricordo Gianni, sotto il banco tenevamo il copione della recita e durante le ore di lezione lo sbirciavamo di nascosto dagli insegnanti, perché nel pomeriggio avevamo le prove della recita, e non si poteva rischiare di arrivare lì senza sapere la parte a memoria!»

Gianni annuisce e continua:

«Il nostro compito era anche quello di coadiuvare le insegnanti dell’Istituto nelle attività extra-curriculari previste dal piano di offerta formativa, che erano finalizzate alla realizzazione del saggio teatrale di fine anno scolastico. Fu così che nel 1996 abbiamo realizzato con te e con molti altri tuoi compagni di scuola il “Giulio Cesare” di William Shakespeare, per il saggio teatrale di fine anno, e, successivamente, tante altre rappresentazioni, tra cui memorabile fu quella realizzata nel 1997, quando abbiamo portato in scena “Gli Innamorati” di Carlo Goldoni. La rappresentazione è stata replicata nella città di Altomonte (CS), nell’ambito del Concorso nazionale di Teatro scolastico, e, durante i mesi estivi, nelle rassegne teatrali organizzate da alcuni Comuni della provincia di Reggio Calabria, tra cui Rosarno, dove la nostra Compagnia teatrale ha ricevuto un premio che custodiamo gelosamente presso la nostra sede. Da allora, molti studenti del Liceo Classico di Palmi che hanno partecipato ai nostri corsi, in seguito, hanno fatto parte della omonima Compagnia teatrale. Ogni anno abbiamo realizzato una rappresentazione diversa, spaziando in tutti i generi del Teatro, da quello vittoriano al dramma sacro, dalla tragedia greca alla commedia dell’arte, da Molière a Pirandello, da Goldoni a Scarpetta e De Filippo, da Sofocle a Shakespeare, da Tito Maccio Plauto a Bertold Brecht, avendo sempre bene in mente alcuni moniti e insegnamenti che mi piace ricordare sempre quando parlo di Teatro: sono infatti convinto che il Teatro e tutte le discipline che nel tempo sono state studiate e riproposte come strumenti e mezzi per prepararsi e per preparare al “mestiere di attore” siano rudimenti indispensabili per tutte gli adolescenti in età di formazione, per cui, come già avviene in alcuni Licei sperimentali, l’insegnamento di questa forma di espressione deve a pieno titolo entrare tra le discipline curriculari proprio per il suo alto contenuto formativo e per la connessione diretta che ha con lo studio delle materie umanistiche. L’impostazione della voce, la respirazione e la dizione, sono tecniche utili e indispensabili per parlare ed esprimersi correttamente e tanto più si sperimentano le tecniche, tanto migliori sono i risultati in termini di comprensione da parte di chi ci ascolta mentre noi parliamo; per non dire dell’importanza della respirazione diaframmatica, che aiuta a rilassarsi e a frenare l’agitazione che a volte ci assale quando siamo chiamati a parlare in pubblico; in questa direzione esistono anche tecniche particolari di concentrazione e di training autogeno che nei corsi di teatro vengono sperimentate a tutto tondo. E poi lo studio del personaggio con il metodo Stanislavskij di cui basterebbe leggere “Il lavoro dell’attore su sé stesso” per incominciare a entrare nei meandri della recitazione e dell’interpretazione, una pratica per lungo tempo osteggiata, combattuta e avversata, a partire dall’antica Grecia quando le donne non potevano assistere alle rappresentazioni teatrali e dovevano rimanere a casa o nel gineceo, ed erano gli uomini a interpretare le parti femminili; oppure, nell’età imperiale dell’antica Roma, quando gli attori (histriones), erano considerati una categoria poco apprezzata, infatti erano schiavi o liberti; e ancora, nel medioevo, quando il Teatro venne bandito dalla Chiesa e le uniche a essere risparmiate sono state le rappresentazioni a carattere religioso, ma nuovamente venne tolto il diritto di recitare alle donne. Le cose iniziarono a cambiare nel periodo Elisabettiano, infatti con Elisabetta I Tudor e con la genialità di Shakespeare ebbe inizio l’anticonformismo teatrale, che ben presto ha reso liberi, autonomi e indipendenti gli attori, le attrici e il Teatro».

Mi piacerebbe continuare ad ascoltarti ma ti faccio un’ultima domanda, a parte Shakespeare di cui ho già capito quanto sei appassionato, quali sono gli altri autori teatrali che ami, che stimi di più e nei quali di più ti identifichi? Gianni mi guarda, sorride e dice:

«Non voglio darti una risposta banale, ma premetto che ogni autore di Teatro mi piace e mi trasmette qualcosa di nuovo quando leggo un copione; i personaggi scritti in un copione, anche se sono personaggi inventati, sono veri, sono vivi, parlano di sé, raccontano degli altri e quando vengono interpretati dagli attori la parola scenica all’improvviso diventa vivente e recitante, nello stupore generale degli spettatori che ogni volta rimangono rapiti e ammaliati da qualcosa che nasce, si sviluppa e si consuma davanti ai loro occhi, senza la possibilità di essere ripetuta o per lo meno di essere rivista con la stessa intensità originale, che contraddistingue ogni replica. La replica non sarà mai uguale alla rappresentazione precedente, anche se le parole sono le stesse, anche se sono uguali i costumi e le musiche, ma ogni volta che si va sul palcoscenico si consuma un rito unico e irripetibile; questa è la vera essenza del Teatro, che tra le arti espressive merita di essere annoverata tra le più nobili. In quanto agli autori, Luigi Pirandello e Eduardo De Filippo sono quelli che mi fanno riflettere e pensare molto, i loro personaggi sono veri e autentici. Pirandello e De Filippo raccontano l’uomo con i suoi vizi e i suoi limiti, per tutti e due l’ironia in tutte le sue varie tipologie è la caratteristica predominante, la bonaria irrisione, il superiore distacco dalle cose, la messa in ridicolo, la deformazione della realtà, lo scherzo e la beffa, tutti vettori, questi, che portano alla dissimulazione del proprio pensiero o della verità, affermando il contrario o parzialmente nascondendoli perché la domanda di Lamberto Laudisi in “Così è se vi pare” è proprio questa: “che cos’è la verità?»