Storia

Tra Scilla e Cariddi. Il fenomeno chiamato Tsunami

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Nell’area geografica dello Stretto tra Messina e Reggio Calabria, il manifestarsi di onde di maremoto causate da eventi sismici, frane sottomarine o eruzioni vulcaniche è un problema da diverse parti evidenziato. È importante a tale scopo non perdere di vista la periodicità di tali eventi che ci forniscono dati ed elementi per costituire una memoria storico-scientifica del fenomeno. L’analisi e l’interpretazione di tutte le informazioni raccolte, oggi, permettono agli studiosi di studiare i maremoti distinguendo tre fasi della loro manifestazione: generazione (interessa le cause), propagazione (dal punto d’origine alla zona più bassa), inondazione (effetti sulla costa). Quando un terremoto ha la sua origine sottomarina, a esso si associa il movimento di una faglia e il violento innalzamento e abbassamento coinvolge la massa d’acqua sovrastante generando onde molto lunghe e imponenti.

La presenza di corpi incontrati nel cammino dell’onda aumenta la massa, provocando l’effetto bulldozer. La quota massima raggiunta da un’onda di maremoto, spesso, è preceduta da un abbassamento del livello marino, ciò è compatibile con la morfologia della costa. Alcuni studiosi li suddividono in Tipo I, la marea avanza verso la costa e si alza come una diga; Tipo II, l’acqua si solleva come un treno di onde che alla fine si sovrappongono; Tipo III, le onde crescono rapidamente dal largo alla costa, è un maremoto ad argine; Tipo IV, si presenta con una massa che frange come una cascata. Nello Stretto di Messina si ha notizie di tsunami già dal 1169 circa, che distrusse le mura della città; nel 1638 si registra un ritiro di circa 2 miglia a Pizzo Calabro; nel 1649 sono avvenuti naufragi nel porto di Messina; nel 1783 un notevole ritiro con inondazioni, innalzamento del mare si registrano a Stilo, Tropea, Bagnara, Faro e Catona. Prima del 1908, si sono verificati fenomeni forse premonitori, difficili da interpretare.

Tra il 1894 e il 1907 avvengono delle imponenti inondazioni sulla costa compresa tra Reggio Calabria, dove una nave fu portata sulla terra ferma, e Messina. L’anno dopo, 1908, distruzione e morti rimasero nel ricordo dei sopravvissuti, che raccontavano l’evento con la paura negli occhi. Il territorio dell’area dello Stretto si trova tra due aree vulcaniche: l’Arco Eoliano e l’Etna. In più si deve tenere conto dell’attività vulcanica dell’Egeo, le cui onde anomale possono interessare le nostre coste. In un territorio così antropizzato, potrebbe essere difficile allestire un sistema di allerta e monitoraggio; esistono boe di rilevamento nell’area dello Stretto e due stazioni mareografiche a Messina e a Reggio Calabria. In conclusione, ancora oggi si compiono studi sulla conformazione geostrutturale dello Stretto e la separazione delle due coste. La natura ha compiuto un’azione, mettendo il mare in mezzo: è stato come dividere una coppia di gemelli siamesi. Certamente non è una lingua di mare che rende diversi un popolo della stessa origine. Immagino Scilla, che al mattino guarda Cariddi che s’illumina, alba dopo alba e si sente rassicurata dalla sua presenza; la stessa cosa succede a Cariddi, a ogni tramonto saluta Scilla che pian piano svanisce alle ultime luci del sole che tramonta.

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