Territorio

Un progetto fluviale sul Petrace

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Il fiume Petrace è formato da un bacino idrografico che ha una estensione territoriale di 406 kmq dove ricadono torrenti, fiumare, fossi e valloni. Composto da sette affluenti di cui tre maggiori: Calabro, Marro e Duverso; i quattro minori sono Cerone, Bardi, Razza, Jona. Questi partono dalle pendici d’Aspromonte per poi confluire a valle, dove all’altezza di località “Pontevecchio” prende il nome Petrace. Si tratta di una area geografica che va a interessare diversi comuni tra cui Gioia Tauro, che rappresenta il terminale del bacino con la foce nel mar Tirreno. La conformazione del bacino risulta essere irregolare dal punto di vista plano-altimetrico, tale zona geografica non risente di particolari interventi antropici rilevanti, anche se bisogna evidenziare piccoli agglomerati urbani in prossimità degli apporti idrografici superficiali.

Tutta la zona è circondata da agrumeti vigneti e uliveti: partendo dalle pendici dei Piani d’Aspromonte l’estensione del bacino idrologico interessa oltre venti comuni, tra i quali Palmi, Seminara, S. Eufemia d’Aspromonte, Sinopoli, San Procopio, Oppido Mamertina, fino ad arrivare a Gioia Tauro. Dal punto di vista morfologico è caratterizzato da versanti di diverse pendenze sulla sinistra e sulla destra. Nel tratto terminale l’alveo attraversa una pianura alluvionale molto ampia. Un tempo questa vallata era molto pulita, persino i nostri nonni andavano a lavare la lana, oggi questa purtroppo risulta essere molto degradata per la presenza di discariche illecite, piccoli impianti industriali e folta vegetazione espansa. Durante il periodo estivo si ripercuotono gli annosi problemi dovuti alla contaminazione del fiume a monte di alcuni getti abusivi degli affluenti, per poi arrivare alla foce provocando cosi l’inquinamento del litorale marino gioiese. Questo studio di messa in sicurezza del fiume, elaborato un paio di anni fa, ha una proposta progettuale di recupero del bacino idrografico fluviale corredato da una serie di elaborati tecnici che vanno dalla tavola Territoriale a quella della Rete Ecologica dove si descrive e si approfondisce lo studio della presenza della specie faunistica, del Martin Pescatore e del Falco di Palude, per poi passare a quelle di progetto con le azioni di messa in sicurezza degli argini fluviali e di pulizia dell’alveo. Gli interventi previsti per la sistemazione del fiume sono di ingegneria naturalistica. Questo termine si riferisce all’insieme di quelle tecniche praticate per ridurre il rischio di erosione del terreno negli interventi di consolidamento, e prevedono l’utilizzo di piante vive o parti di esse (semi, radici, talee), da sole o in combinazione con materiali naturali inerti (legno, pietrame o terreno), materiali artificiali biodegradabili (biostuoie, geojuta) o materiali artificiali non biodegradabili (reti zincate, geogriglie, georeti, geotessili).

Per quanto riguarda l’utilizzo di talee legnose e/o ramaglie di specie vegetali, è classico l’impiego dei salici, ma anche di altre specie quali il ligustro e le tamerici (queste ultime resistenti a condizioni alterne di forte aridità e presenza di sali nel terreno). L’effetto stabilizzante-consolidante in profondità aumenta con la lunghezza della parte infissa delle talee. La stabilità della scarpata e il consolidamento superficiale del terreno sono limitati sino allo sviluppo di un adeguato apparato radicale. Vanno eseguite saltuarie potature di irrobustimento e sfoltimento per evitare popolamenti monospecifici. L’effetto di drenaggio (i salici sono delle vere e proprie “pompe dell’acqua”) è dovuto ad assorbimento e traspirazione del materiale vivo impiegato. Le ramaglie devono essere raccolte ed impiegate rapidamente.

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