
Johann-Peter Eckermann è stato un intellettuale tedesco passato alla storia per avere scritto, tra il 1836 e il 1848, una monumentale opera dal titolo Gespräche mit Goethe in den letzten Jahren seines Lebens. L’opera ha riscosso molto successo e il motivo è intuibile già dal titolo stesso, che anche se con minime declinazioni testuali, è stato tradotto in italiano con Conversazioni con Goethe.
Eckermann infatti fu assistente del Maestro negli ultimi anni della sua vita, durante i quali raccolse i suoi ricordi e le sue testimonianze, consegnando alla storia un testo imprescindibile per gli studi goethiani.
In questa opera Eckermann ci racconta un fatto che in questa sede e in questa giornata, in cui ricorre l’anniversario del Grande Flagello, ci interessa particolarmente.1 Con pignolerìa teutonica infatti, Eckermann scrive che il giovedì 13 novembre 1823 fece in incontro molto singolare.
Leggiamo cosa ci dice:2
Alcuni giorni fa, durante un bel pomeriggio, mentre andavo verso Erfurt, ho iniziato a conversare con un uomo anziano, che supponevo, dal suo aspetto, essere un cittadino benestante. Dopo non molto, la conversazione si è spostata verso la figura di Goethe. Gli chiesi se lo conoscesse e lui mi rispose con soddisfazione: “conoscerlo? Sono stato il suo cameriere per quasi vent’anni!”
L’uomo in questione, anche se Eckermann non ce lo dice, dovrebbe essere Christoph Sutor, che in effetti fu per quasi vent’anni, dal 1776 al 1795, il domestico di Goethe. I due si intrattengono a parlare, fino a che Sutor non racconta a Eckerman un aneddoto per testimoniare quanto il suo padrone fosse un uomo dotato di eccezionale acume.
Leggiamo:
Una volta (Goethe) mi ha chiamato con il campanello nel cuore della notte. Quando sono entrato nella sua stanza, ho scoperto che aveva spostato il suo letto di ferro fino alla finestra, e si era sdraiato lì, a guardare il cielo. “Non hai visto niente in cielo?” mi chiese, e quando ho risposto di no mi ha ordinato di correre fino alla guardiola e di chiedere all’uomo di servizio se non avesse visto nulla. Sono andato lì; la guardia disse che non aveva visto niente, e con questa risposta tornai dal mio padrone, che era sempre nella stessa posizione, sdraiato nel suo letto mentre guardava il cielo. “Ascolta” mi disse; “questo è un momento importante”; c’è ora un terremoto, o ne sta per succedere uno;” poi mi ha fatto sedere sul letto, e mi ha mostrato attraverso quali segni aveva dedotto questo.
Eckermann è incuriosito, e chiede a Sutor che tempo ci fosse quella sera:
“Era molto nuvoloso»”, rispose; “l’aria non si muoveva, era tutto molto calmo e afoso.” Chiesi se avesse subito creduto alla parola di Goethe. “Sì,” disse, “ci credevo, perché le cose succedevano sempre come lui diceva che sarebbero andate. Il giorno dopo raccontò le sue osservazioni a corte, e una signora sussurrò alla sua vicina: “Ascolta, Goethe sta sognando!”. Ma il duca, e tutti gli uomini presenti, credettero a Goethe, e la correttezza delle sue osservazioni fu presto confermata; perché, in poche settimane, giunse la notizia che una parte di Messina, quella notte, era stata distrutta da un terremoto.”
1 Del fatto ne accennano, tra gli altri, Augusto Placanica nella sua fondamentale Storia della Calabria (p. 309), pubblicata in prima edizione nel 1993 ed edita da Donzelli, e un articolo sul sito https://www.famedisud.it/5-febbraio-1783-ricordando-il-terribile-sisma-che-231-anni-fa-colpi-calabria-e-sicilia-la-premonizione-di-goethe/.
2 Le traduzioni sono mie. Sono riprese dalla versione inglese dell’opera, che ho confrontato con la versione tedesca. Le due versioni confrontate sono: Conversations of Goethe by J.P. Eckermann, translated by John Oxenford, 1906 e Gespräche mit Goethe in den letzten Jahren seines Lebens, Ed.Vollständige Ausgabe, 2015.