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La stazione ferroviaria di Gioia Tauro capolinea per i treni diretti al Nord e per la Sicilia

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Verso la fine della seconda guerra mondiale e fino agli ultimi mesi del 1945, a Gioia si era concentrato tutto il traffico tra il continente e la Sicilia; i ponti ferroviari e quello stradale sul fiume Petrace furono fatti saltare dalle truppe tedesche in ritirata verso il nord. La stazione ferroviaria di Gioia Tauro divenne capolinea per i convogli in partenza verso il nord, e di là del fiume sulla sponda sinistra per quelli diretti verso la Sicilia o la città di Reggio Calabria.

 

I viaggiatori erano costretti a soste obbligatorie per i relativi trasbordi; il caos regnava dappertutto, questa condizione di disagio fu sfruttata da persone senza scrupoli e dignità che cercarono di incrementare una rete di intrallazzi, che con i sistemi più ingegnosi, cercarono di avvantaggiarsi della situazione. Il loro agire coinvolse necessariamente anche la popolazione locale che aveva necessità di uscire dalla scomoda posizione di indigenza che la guerra aveva prodotto. Il mercato nero si sviluppò enormemente, con tutte le conseguenze immorali, per la convivenza forzata di viaggiatori di diverso sesso che convergevano a Gioia a centinaia da ogni parte, tanto che, dalla stazione fino al cavalcavia, si era formata una fiera continua, aperta sia di giorno sia di notte.

I viaggiatori cercavano di sistemarsi, oltre che nelle locande e alberghi esistenti, nelle abitazioni o addirittura nelle tende (in quel periodo, nei pressi della stazione, erano in attività i seguenti alberghi: Bucciarelli, Stanganelli, Florimo, Napoli e Savoia). In seguito a tutto ciò il denaro circolò con sempre maggiore abbondanza nelle casse familiari e il benessere fu superiore ad ogni altro periodo; sembra assurdo, ma il bombardamento che distrusse i ponti sul fiume Petrace diede un grosso respiro d’ossigeno agli abitanti di Gioia e dei paesi vicini. I viaggiatori erano costretti a scendere alla stazione ferroviaria e da qui venivano trasbordati da privati, a pagamento, con carrozze, carretti e qualche macchina, sulla sponda opposta del fiume che faceva da capolinea per l’estremo sud o la Sicilia. La strada, dalla stazione alla sponda destra del fiume, era in terra battuta fino al raccordo con la statale 18, e si trasformava in vistose pozzanghere durante le giornate di pioggia. Arrivati al fiume, lo si attraversava, in un primo tempo, su un ponte stretto e formato da zattere ancorate sul fondo che i genieri avevano costruito; poi esso fu sostituito con uno in legno quasi a pelo d’acqua e poggiante su pali inseriti nel greto del fiume.

La stazione ferroviaria di Gioia Tauro visse, in quel periodo (aprile 1945) un avvenimento molto indicativo; Beniamino Gigli, dopo aver tenuto dei concerti a Reggio Calabria e a Catania, fu accompagnato in macchina fino alla stazione di Gioia perché prendesse il treno per Roma. Tutto si svolgeva in una situazione caotica poiché alle esiguità e ai disagi delle comunicazioni si aggiungeva il grande movimento di coloro che rientravano dai centri di sfollamento.

Il Gigli riuscì, grazie ad alcuni amici ufficiali addetti alla delegazione trasporti, a sistemarsi assieme a sua figlia in uno scompartimento dell’unica carrozza di terza classe sgangherata e vecchia, tutte le altre carrozze erano quelle comunemente adibite a trasporti di merci ed erano dotate di panche di fortuna, e il grande artista si rassegnò subito al disagio. Fu riconosciuto da un gruppo di soldati che dalla Sicilia tentavano di raggiungere le proprie case nell’Italia centro-meridionale e tutti batterono le mani chiamandolo a gran voce. Beniamino Gigli fu sensibile alla manifestazione di simpatia e quando qualcuno gli chiese che cantasse qualcosa non si fece pregare. Guardò i soldati e disse loro: “Canterò per le vostre mamme che attendono il vostro ritorno”. Cantò “Mamma” e ci mise tanto sentimento che la gente pianse mentre accorrevano tutti, anche i ferrovieri. Fu un grande momento, ci fu un po’ di confusione ed il treno partì in ritardo. 1

 

 

1 F. Cipriani, da “Calabria Sconosciuta” /Ricordando Beniamino Gigli) n. 7/8 Luglio – Dicembre 1979.

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