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L’oblio editoriale dell’Aspramonte di Andrea da Barberino

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Di Andrea da Barberino abbiamo già parlato a proposito della sua opera sul Guerrin Meschino1. Ma il cantore toscano scrisse diverse altre opere legate al Ciclo carolingio. Quella che qui ci interessa è L’Aspramonte, che sinora ha avuto pochissimo spazio nelle cronache letterarie, locali e non. La cosa è talmente inspiegabile da risultare enigmatica, considerando che questo testo, che è una rileborazione in toscano della Chanson D’Aspremont, costituisce per certi versi un prologo ai poemi cavallereschi classici di Boiardo e Ariosto.

Le opere di Andrea a noi pervenute sono I Reali di Francia, Ugone d’Alvernia, Aiolfo del Barbicone, i Nerbonesi, oltre al Guerrino e all’Aspramonte. Quest’ultima opera racconta le gesta del moro Almonte e della sua rivalità con Ricciardi, che lo spingerà a conquistare la città di Risa (che era il nome di Reggio Calabria sotto i Normanni) e a precipitare in quella che oggi verrebbe definita una spirale di inganni e tradimenti. Almonte infatti finirà ucciso da Orlando, che con il suo gesto salverà la cristianità dalle mire espansionistiche dei mori. Il rilievo interessante da fare però non è sugli elementi strettamente narrativi dell’opera ma sulle rarissime edizioni in circolazione, tutte tra l’altro fuori commercio.

Di questo romanzo infatti, in tutto il ‘900, sono state pubblicate due edizioni: una nel 1951, dalle Edizioni Palmaverde di Bologna a cura di Marco Boni, e una del 1972, a opera della scomparsa casa editrice Fulvio Rossi di Napoli, che riprende in gran parte quella del ’51. Le edizioni precedenti a queste due risalivano al 1872 e consistevano in passi dell’opera stampati sostanzialmente a caso su opuscoletti da regalare agli invitati dei matrimoni, così come ci riferisce Boni nella sua prefazione. Stupisce ancor di più, ma spero davvero di sbagliarmi, che non vi sia una sola edizione da Napoli in giù di quest’opera considerando che si tratta di storie che Boiardo e Ariosto conoscevano probabilmente a menadito e alle quali si sono ispirati, e considerando che Boni lavorò per oltre dieci anni per restituire dignità storica e filologica alle precedenti pubblicazioni e toglierla dal circuito al quale era stata relegata.

L’opera è stata presumibilmente scritta tra il 1400 e il 1431, anno della probabile morte di Andrea. A differenza del Guerrin Meschino, colpisce il fatto che questo romanzo, intriso com’è di ambientazioni urbane e naturalistiche legate a Reggio, allo Stretto e all’Aspromonte, non sia mai entrato nemmeno nel folclore locale. Questo forse perché il romanzo non presenta mai dei legami narrativi con la tradizione popolare calabro-aspromontana, o almeno non ne presenta tanti quanti ve ne erano nel Guerrin Meschino, dove per esempio la figura della Sibilla era un trait d’union molto solido tra due mondi culturali che, in quel testo, sono riusciti a parlarsi.

Andrea da Barberino sistematizzò le sue opere dopo averle a lungo recitate nelle piazze fiorentine o nei salotti buoni del tempo. Questo garantì una fortissima diffusione del romanzo sia presso gli strati popolari e sia verso gli ambienti più colti. Però non si capisce come mai un testo soggetto a tale opera di divulgazione sia stato condannato all’oblio anche negli ambienti letterari meridionali, a tal punto che non esiste una letteratura di studi dedicata.

L’auspicio è dunque che l’Aspramonte venga ristampato in un’edizione critica rinnovata e che venga maggiormente diffuso anche nel corpo insegnante locale, considerando la sua fisiologica collocazione in una tradizione letteraria che le linee guida ministeriali già prevedono e nell’ottica di un maggiore recupero della propria identità storica, spesso violata da narrazioni tossiche ed esogene.

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