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Locri(de) ’43: di Duilio e del gelsomino

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Questa voce fa parte [part not set] di 3 nella serie Locride, 8 settembre 1943.

In relazione agli episodi narrati fin qui, che riguardano le due parti precedenti di questa storia, possiamo stabilire con un buon margine di certezza che i fatti avvennero a nord di Locri e non oltre Siderno. Il primo confine è stabilito dal fatto che gli Alleati entrano a Bovalino alle 16.30 del 7 settembre e a Locri poche ore dopo.1 Il secondo confine è stabilito in base al fatto che, nel verbale, Duilio dichiara che egli si trovava nei pressi di Locri.

Essendo inoltre i g.a.f. un reparto di difesa costiera, è probabile che si trovassero sul litorale e non all’interno. Ma questa è solo un’ipotesi, nulla vieta che il gruppo si trovasse in quel momento anche nella fascia preaspromontana. Sappiamo infine, perché c’è scritto nel verbale, che l’orribile duplice uccisione si consumò fra le piante di ulivi, quindi non in un’area troppo interna, dove la maggiore altitudine fa in modo che l’ulivo ceda il posto a una diversa vegetazione.

Probabilmente i tre soldati furono portati nelle campagne appena dietro la fascia costiera.

Rimane inoltre da verificare l’identità dei due soldati morti, dei quali sappiamo soltanto che erano della classe 1921 e che appartenevano al Distretto di Forlì. In relazione alla loro identità, sto attualmente procedendo con una precisa pista di ricerca, che spero porti presto i suoi frutti.

Ma intanto siamo in grado di fornire ulteriori elementi non tanto in relazione al fatto in sé, quanto al soldato Duilio Viaro. La sua figura infatti rappresenta un percorso del tutto anomalo nel quadro dei consueti flussi e stili di vita culturali e sociali tipici del secondo Novecento italiano, e mi ha aperto nuove frontiere di ricerca che esulano dall’episodio di partenza.

Ma ci arriveremo.

Per ora, alcune note biografiche sul nostro soldato, tratte dal foglio matricolare che ho avuto la possibilità di consultare e che è depositato all’Archivio di Stato di Rovigo.2

Duilio Viaro nasce il 12 gennaio del 1918 a Lusia, in provincia di Rovigo, da Angelo e Maria Palladini. Studia fino alla 5ª elementare, il necessario per saper imbastire una firma e riuscire a leggere le carte più importanti senza dover dare conto al parroco o al farmacista. Al momento dell’arruolamento risulta residente a Villanova del Ghebbo, un paesino vicino a Lusia. Probabilmente Duilio non viveva nel centro abitato, poiché l’indirizzo di abitazione a Villanova fa pensare che abitasse nella campagna a cavallo tra i due comuni. In ogni caso, viene arruolato il 6 maggio del 1938, mentre il 3 aprile 1939 viene chiamato alle armi.

Il suo reparto di riferimento è il 17° raggruppamento artiglieria g.a.f., 9ª Batteria, anche se all’inizio viene mandato nei settori di copertura prima a Cividale e poi a Postumia.

Da aprile del ’41 fino al luglio dello stesso anno è nella frontiera jugoslava, prima, e nei Balcani, dopo.

Dal 18 novembre del ’42 fino all’8 settembre del ’43, data in cui accade l’episodio di nostro interesse, Duilio risulta impiegato nello scacchiere italiano quale destinato alla difesa costiera, stavolta però con il 58° gruppo artigliera g.a.f. e, in seguito, coinvolto nelle operazioni di guerra svoltesi nelle province di Napoli, Brindisi, Taranto, Bari, Lecce.

Rimane nello stesso reparto fino al 30 settembre del 1944, quando diventa un effettivo della Folgore. Durante gli ultimi due mesi di guerra, dai primi di marzo fino all’8 maggio del ’45, Duilio risulta impiegato nel territorio nazionale per la guerra di liberazione, nel settore emiliano, sempre nella Folgore. Infine, il 17 ottobre del 1945 viene collocato in congedo illimitato.

Duilio non è un uomo dal fisico imponente o particolarmente forte: è alto 1.65 cm, un torace normale, un bella dentatura bianca, i capelli e gli occhi castani. Deve però essere un tipo molto caparbio e di iniziativa, intraprendente, forse di lingua sciolta. Riesce a ottenere in totale una quarantina di giorni di licenza agricola, probabilmente per curare la campagna e per vedere la famiglia. Inoltre, nel corso della sua carriera militare, subisce una serie di punizioni da parte dei suoi superiori.

Appena arruolato infatti, nel giro di due giorni colleziona sei giornate di consegna perché aveva mantenuto un atteggiamento poco corretto nei confronti di un graduato mentre il giorno appresso, comandato dal sergente di giornata di trasportare del materiale da costruzione, eseguiva con ritardo l’ordine e, richiamato da un ufficiale, si allontanava borbottando. Altre volte fu punito perché aveva tenuto i muli in disordine o per comportamento poco corretto.

L’ultimo mese del 1942 fu il suo massimo di ribellione nei confronti delle autorità. In quelle poche settimane infatti, inanellò una curiosa serie di punizioni ora perché riferiva a un superiore cose non vere, ora perché si trovava lontano dal luogo prescritto, ora perché saltava le consuete vie gerarchiche e si rapportava direttamente a un suo superiore.

Peccati veniali: non risultano altre pendenze a suo carico, e la serie di provvedimenti ha riguardato in realtà soltanto la parte iniziale della sua carriera militare. Anzi, curiosamente, per l’anno 1941 viene certificata una buona condotta in servizio e fuori servizio, sufficienti cura dell’arredo e istruzione militare e addirittura molta istruzione letteraria. Probabili ironie tra militari, forse; quello che al momento è certo è che Duilio risulta un soldato nel complesso affidabile, dalla forte tempra e con una buona parlantina.

Finita la guerra Duilio torna nella sua terra di origine e si stabilisce a Villanova. Nel 1948 riceverà un Diploma d’onore da parte del Ministero della guerra per la sua appartenenza alla Folgore in qualità di combattente per la liberazione dell’Italia contro i tedeschi.

Fin qui, quella di Duilio sembra una carriera militare dignitosa. Due particolari però ne ricollegano la sua figura a quanto accaduto l’8 settembre nei pressi di Locri. Due particolari apparentemente poco rilevanti ma che in realtà sembrano due punte dell’iceberg di una storia ben più profonda.

La considerazione che ci introduce al primo particolare è che in nessun documento si fa cenno al fatto che Duilio l’8 settembre si trovasse insieme al suo Reparto in prossimità di Locri, nemmeno in senso lato riferendosi all’area della provincia di Reggio. Nell’unico riferimento presente si dice che: alla data dell’8/9/1943 trovavasi nell’Italia meridionale presso il 58° Gruppo artiglieria g.a.f.. Tuttavia, ed è questo il particolare significativo, nel 1951 Duilio Viaro risulta iscritto nel Distretto militare di Reggio Calabria. Secondo particolare, Duilio rilascia come suo indirizzo di residenza via Bosco a Bovalino, Reggio Calabria.

Questo ovviamente non prova che Duilio l’8 settembre abbia assistito al duplice omicidio dei suoi commilitoni, ma è senza dubbio curioso e significativo che il soldato, dopo la guerra e dopo avere trascorso qualche anno nella sua terra, decida di trasferirsi proprio a Bovalino, cioè proprio in prossimità della zona nella quale aveva visto consumarsi quel tremendo duplice omicidio.

Il periodo bovalinese di Duilio inoltre non fu una sporadica parentesi:3 nel 1947 infatti si sposa con una donna nata a Bovalino (ma probabilmente in precedenza era residente a Benestare) di nome Eugenia Callipari, casalinga, e dalla loro unione nascono tre figli. Duilio lavora come agricoltore e tra il 1952 e il 1954 si ritrasferisce con tutta la famiglia a Benestare. Nel 1966 cambia residenza, e da via Bosco si trasferisce in un’altra via, sempre a Bovalino. Poi, due anni dopo, tutta la famiglia lascia il centro calabrese e si trasferisce in Lombardia, nel milanese. Qui Duilio morirà, il 26 marzo del 1989, vedovo oramai da cinque anni di Eugenia.

La cosa interessante, che esula dalla ricerca di partenza ma che apre un nuovo orizzonte di indagine, è che la fascia costiera compresa tra Reggio Calabria e Brancaleone, poi estesasi fino a Roccella e oltre, in passato, era chiamata costa dei gelsomini. Tale nome è dovuto al fatto che a partire dal 1928 nell’area si impiantò la coltura dell’omonimo fiore su iniziativa della Stazione sperimentale delle Essenze di Reggio Calabria, che propose questa coltura proprio perché ideale per il clima locale e molto redditizia. Questa coltura fece in pochi anni della Calabria la regione con la più alta produzione in Italia e tra le prime al mondo e la cosa non era da poco, visto che l’essenza del fiore serviva per realizzare acqua di colonia, che all’epoca andava via come il pane.

E quindi”, direte, “che cosa c’entra Duilio con il gelsomino?

Duilio c’entra perché grazie a questa nuova coltura in quell’area si è realizzato in passato un significativo fenomeno di immigrazione rispetto ai flussi consueti, poiché molti contadini si trasferirono dal Veneto in Calabria per lavorare nella raccolta del prezioso fiore. Tra questi, il nostro Duilio, che forse aveva notato queste colture quando era un soldato dei reparti impegnati nella difesa costiera e forse, svelto come era, avrà chiesto conto a qualcuno della faccenda, fino forse a considerare del tutto ragionevole l’ipotesi di un trasferimento. Perché di gelsomini, all’epoca, ce ne erano: u juri a stidda, cioè il fiore a stella, veniva raccolto dall’alba fino alle otto, nove del mattino, fino a quando cioè la rugiada ne bagnava i petali rendendolo più pesante e fino a quando il fiore riusciva a trattenere il profumo prima che evaporasse. Occorrevano circa 12000 fiori per fare un chilo di gelsomino, e circa 600 chili per fare un chilo di essenza. Nei periodi di massima produzione si arrivarono a produrre 5000 kg di essenza, o di concreta, come veniva chiamata. Il fiore è molto delicato, per cui era un lavoro che veniva svolto prevalentemente da mani femminili. Forse Eugenia era impiegata nella raccolta e Duilio in tutto il resto? O forse no, forse era un tipo di lavorazione diverso, il loro, o forse una coltura diversa o diversificata, vista la fertilità di quel territorio? Non lo sappiamo, ma è plausibile che il profumo delicato e profondo di questo fiore abbia accompagnato i momenti di solitudine di questo soldato, sperduto e incerto in un mondo che doveva apparirgli simile al suo per tanti versi e, nel contempo misterioso, africano, lontanissimo.

Al fenomeno di immigrazione di cui si parlava in precedenza non è stata data mai la necessaria rilevanza, prima di tutto perché, presumibilmente, non sono stati flussi consistenti; in secondo luogo perché era un lavoro di grande fatica e che ha sollevato molte questioni in merito allo sfruttamento di manodopera femminile; in terzo luogo perché, a mio avviso, questo fenomeno offriva un implicito esempio di una realtà produttiva che, se incoraggiata e rivista in una chiave più orientata ai diritti delle lavoratrici, avrebbe potuto sottrarre braccia al nord produttivo, nei confronti del quale il sud era visto come un serbatoio di manodopera. Era l’Italia della ricostruzione e del boom economico a trazione settentrionale. Milano e Torino erano i centri destinati a intestarsi il ruolo di guide economiche del Paese. La Calabria no. La Calabria, come molte altre realtà del sud, doveva stare al suo posto.

In ogni caso, quello che è certo è che Duilio, insieme a tantissime altre persone, fece parte di una stagione molto importante per l’economia locale e il suo percorso umano e lavorativo costituisce un significativo inciampo per coloro che, stupidamente, incoraggiano il solito, acrilico mito della terra martoriata e priva di possibilità.

Tornando alla ricerca, sono al momento in cerca di altre risposte, che spero di girare al lettore non appena saranno sicure, e sempre con lo stile scelto fino a ora, che è quello di mostrare non soltanto il contenuto della ricerca stessa, ma anche il modo in cui questa indagine, lentamente, diviene e si fa storia, prendendo anche vie inaspettate, alle quali si giunge magari perché rapiti dal profumo di un fiore.

 

 

 

1Giuseppe Marcianò, Operazione Baytown, Laruffa Editore, 2013, pag. 149.

2Archivio di Stato di Rovigo, Distretto Militare, Fogli Matricolari, Classe 1918, Viaro Duilio. Ringrazio l’Archivio di Stato di Rovigo per la professionalità e la disponibilità nel reperire le fonti citate.

3Le informazioni sulla vita bovalinese di Duilio sono state reperite grazie al fondamentale aiuto del comune di Bovalino, nella persona dell’assessore alla cultura Pasquale Blefari, del sindaco Vincenzo Maesano e del personale dell’Ufficio Anagrafe. A loro va un mio sincero ringraziamento per la disponibilità, la partecipazione e la professionalità con cui hanno risposto alle mie richieste.

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