
- Sont tous des brigands!
- 28 maggio 1807: la battaglia di Milèto
- La questione è controversa
Nel triennio 1806/1809, in Calabria, tutti a vario titolo si sentivano in diritto di saccheggiare. Basti pensare ai quattro omicidi avvenuti nei giorni tra il 12 e il 15 dicembre del 1807 a Delianuova. Il 13 infatti furono uccisi nei boschi intorno a Scido il brigante Antonino Fedele (u Trojanu) e il brigante Domenico Italiano di Giuseppe (Vintunu), a quanto pare ucciso dai compagni stessi. Il 15 Domenicantonio Gangemi di Giuseppe, (fucilato dalla giustizia scrive il parroco Rechichi, ma non si capisce a quale giustizia si riferisca) e il 12 Domenicantonio Cordopatri, (ucciso da’ briganti) che proprio in quei mesi stava edificando una casa tuttora presente in Paese, e che reca nel frontespizio la data di costruzione, cioè 1808. Il fatto che tale abitazione abbia uno stile architettonico marcatamente neoclassico fa pensare che il Cordopatri fosse un simpatizzante filofrancese, e che per queste sue simpatie e amicizie fu ucciso, anche se al momento non ci sono prove per confermarlo.
Tornando ai Perrone, si trattava di persone che attuavano le stesse strategie di sopravvivenza e le stesse tattiche di altre, in altri contesti e in altri periodi. Infatti, quella della banda della quale faceva parte Perrone, nei termini di pratica militare, aveva una condotta esattamente identica a quella di una figura considerata un eroe risorgimentale locale, e cioè Giandomenico Romeo, come scrivevo prima. Anche lui si muoveva per l’Aspromonte insieme ai suoi sodali: certo chiedeva cibo, certo aveva bisogno di coprirsi dal freddo e di nutrirsi. Avrà forse razziàto. Anche lui attaccava i militari, borbonici questa volta.
Ora, evidenziare questo punto può risultare forse forzato. Ma la questione che muove questo parallelismo è relativa al fatto che gli accadimenti dell’insurrezione antifrancese del triennio 1086-1809 fecero da modello per la repressione postunitaria del 1860. Per capire insomma quest’ultimo periodo bisogna, a mio avviso, andare a studiare quel tremendo triennio, perché è lì che si è creato il modello di comportamento repressivo che poi i Savoia hanno ricalcato, con la loro risaputa ottusità e la patologica ambizione che però aveva nel milieu francese un importante riferimento. Allo stesso modo, paragonare un insorto del 1806 a un insorto del 1848 può rendere conto di come una banale divisa di un colore diverso sia sufficiente a cambiare un giudizio morale.
Questo testimonia di quanto sia flebile e debole quest’ultimo, a differenza di chi invece giustifica aprioristicamente un primato della morale.
Nota dell’Autore: tra le fonti bibliografiche consultate, vale la pena citarne cinque: il registro dell’Archivio diocesano della Chiesa di Delianuova, gentilmente messomi a disposizione da don Emanuele Leuzzi, che ringrazio per la sua proverbiale gentilezza e disponibilità; l’articolo di Rocco Liberti tratto da Calabria letteraria n. 7, “Paracorio in fiamme nel 1807”; quello di Giuseppe Pignataro apparso su Historica n.1, genn./febbr. 1975, dal titolo “Momenti di storia durante l’occupazione militare francese nel giudicato di pace di Oppido Mamertina”; “La dominazione francese in Pedavoli e Paracorio”, di Amato Licastro, Polistena, 1935 e, infine, il fondamentale testo di Francesco Paolino Giovinazzo “Delianuova”, ed. 1999, Maropati – Polistena.